I patti, le sfide, la presidenza: cosa farà Gianfranco Miccichè?

I patti, le sfide, la presidenza: cosa farà Gianfranco Miccichè?

Ha vinto. E adesso può scegliere. Così si ripropone la domanda di sempre.
ELEZIONI-IL RITRATTO
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Consiglio ai naviganti. Non giocate mai a poker contro Gianfranco Miccichè. E’ lui che ha perfezionato l’arte del bluff, nei due sensi di marcia. Quando non ha niente in mano ti guarda, con quel suo sorriso sghembo, che divide la faccia, un po’ come Braccio di ferro versione cartone animato, ma senza la proverbiale pipa. Tu pensi che stia per fregarti con tutto e ti ha già fregato con nulla.

Quando ha tutto in mano, invece, si rattrappisce, magari strepita, magari si lascia trascinare in colloqui azzardati che poi smentisce, ridacchiando, perché, intanto, ha mandato il messaggio che voleva mandare esattamente. Lo cerchi, politicamente parlando, per infilzarlo. Ed è lui – cucù – che spunta e infilza te con la lama di quel suo sorriso da Popeye.

E adesso questo misirizzi dei giochi parlamentari, pronto a risorgere quando tanti già mormoravano una soddisfatta prece in sua memoria, ha quello che desiderava. Può scegliere se piazzarsi a Roma o se restare acquartierato qui, con famiglia e amici. Senatore o deputato di Palazzo dei Normanni e poi si vedrà. In tempi di maggioranze urlanti e arrabbiate che hanno guai seri con le bollette, si tratta comunque di splendide prospettive.

Lui se la ride. Ha scacciato da Palazzo d’Orleans Nello Musumeci – con cui ‘rischia’ di ritrovarsi al Senato – per il gusto di battere più forte il pugno sul tavolo. La lista di Forza Italia ha dato ampie soddisfazioni, grazie al ‘suo’ Tamajo che ha sbaragliato la concorrenza di amici e avversari. Ecco perché Gianfranco M. può guardare al futuro con tranquillità, anche se c’è pur sempre la ‘settanta da appattare’. E passa dalla solita domanda: cosa farà Miccichè? Gli basta già per sentirsi felice.

Sì, ma cosa farà? Scenario numero uno. Va a Roma, soltanto – si mormora – se gli daranno la carica di capogruppo al Senato. Una mossa che farebbe rientrare Francesco Cascio all’Ars, spingendolo, per forza di inerzia, verso l’assessorato alla Sanità, nella complicata partita con Fratelli d’Italia. Per Cascio, dopo tanti colpi andati a vuoto, sarebbe – si ragiona – un giusto risarcimento e confermerebbe quello che si dice in giro: ‘Gianfranco ti strapazza, ma non ti abbandona’. Il quadretto familiare più agognato verrebbe completato da un incarico di rilievo per Edy Tamajo alla presidenza o alla vicepresidenza dell’Ars, oppure in un assessorato con le stellette. Però, si dovranno fare i conti con i meloniani.

Secondo scenario. Miccichè resta a Palermo (per rispondere all’appello di qualcuno?), nella placida quiete familiare. Da assessore? No, troppa fatica. Al massimo, un’eccezione per i Beni culturali, considerati il gioiello purissimo della corona. Un ruolo da ‘padre nobile’? Risulterebbe strettino. I padri nobili vivacchiano accanto al focolare con il plaid sulle ginocchia e nessuno li ascolta davvero. E allora? Bisognerebbe guardarsi in faccia con il presidente della Regione, Renato Schifani e capire la suddivisione degli spazi. Come sono i rapporti tra i due? C’è chi li definisce ‘corretti’. Un’espressione vastissima che va dalla cordiale stretta di mano alla belligeranza incruenta.

Un Gianfranco Miccichè palermitano – questa è l’impressione – potrebbe avere qualche grattacapo in più del suo doppione romano. Ma si scrive tutto con il beneficio del dubbio, perché non è saggio sfidare a poker il neo-inventore del bluff. Dunque, aspetteremo, pazienti e con i popcorn, che il film della politica siciliana segua il suo corso, partendo dalla domanda di sempre: cosa farà Miccichè? Nella sua nuova vita, così simile alla vecchia. (Roberto Puglisi)


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