“Fratelli e sorelle, buonasera!”. Fu il primo saluto di Papa Bergolio il 13 marzo 2013, da poco eletto che si affacciava al mondo da Piazza San Pietro.
Bergolio, che scelse il nome di Papa Francesco, mise da subito al centro la semplicità e lo fece diventare lo stile del suo pontificato. Da quella sera sono trascorsi 10 anni di sfide e ricordi indelebili. Dal primo viaggio a Lampedusa per essere vicino ai migranti alla “solitudine” del Covid, dall’impegno per l’ambiente alla mano tesa a Cina e Russia.
L’elezione al soglio pontificio di Papa Francesco Bergoglio non era considerato “papabile” e, quando il Cardinale Tauran pronunciò quel nome, non tutti compresero chi fosse quest’uomo che i “cardinali sono andati a prendere quasi alla fine del mondo”.
La condizione che Bergoglio ha ereditato vede una curia profondamente divisa, finanze dissestate, spese immani, entrate in diminuzione, seminari vuoti, l’immenso, doloroso scandalo della pedofilia: una situazione di fronte alla quale il suo predecessore, papa Ratzinger, s’era visto costretto a cedere. “Ingravescente aetate”, aveva ammesso Benedetto XVI con un’espressione che significa molto di più del corrispettivo italiano, “età avanzata”, rimanda a un peso sì dell’età, ma non solo di quella, diventato insostenibile.
