09 Giugno 2015, 16:35
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PALERMO – Un negozio di frutta e verdura come base operativa per gestire lo spaccio in città. Era quello di Giovanni Bronte, uno dei dieci arrestati nell’operazione della squadra mobile di Palermo “Andreas”, che dal cuore del popolare mercato di Ballarò sarebbe stato il “regista” dei movimenti dei suoi pusher fidati, secondo gli inquirenti Antonino Augello e Benedetto Graviano.
Bronte, inserito in base alle indagini, nella famiglia mafiosa di Porta Nuova, non sarebbe però stato l’unico a gestire lo spaccio di hashish e marijuana all’ombra di Cosa nostra. L’indagine coinvolge infatti anche i fratelli Giaconia, Stefano e Giuseppe, arrestati nel corso dell’operazione antimafia “Verbero” dei carabinieri che hanno smantellato il clan di Pagliarelli. A curare i loro interessi sarebbe stato Danilo Monti, trent’anni. Una sorta di factotum che si sarebbe anzitutto occupato dell’approvvigionamento della droga poi da spacciare principalmente a Ballarò.
E non solo negli orari in cui la movida raggiunge il suo culmine: le indagini della sezione Antidroga della squadra mobile hanno infatti accertato che i pusher agivano di giorno e di notte, dalle prime ore del mattino fino all’alba, anche organizzando dei turni. L’inchiesta ha mosso i suoi primi passi nel 2011, con un’assidua intensa attività di osservazione dei presunti spacciatori. E’ proprio in questa circostanza che è emersa una delle conversazioni che descrive il ruolo che Monti ricopriva rispetto ai Giaconia. In auto con la moglie, parlava della vendita di due chili e mezzo di cocaina:
“Si sono levati uno, due…si sono levati qualche due chili e mezzo, se li sono levati ma noi dentro non possiamo tenere più niente”… E in merito ad eventuali controlli delle forze dell’ordine, riferiva alla moglie: “Si nascondono, non te ne puoi accorgere mai…l’altra volta avevo cento grammi qua e gli sbirri li avevo a fianco…erano in borghese con l’Sh 150. Ma se mi vogliono fermare non mi fermo, loro hanno il 150, come dsi prendono a me che ho il 300? Con il culo che mi prendono, io scappo! Suca…chi si deve fermare...
Ma Monti e Giuseppe Giaconia sono stati intercettati alcuni giorni dopo anche allo Zen. Si trovavano insieme ad una terza persona non identificata e sarebbero stati intenti a cederle della droga poco prima prelevata da Stefano Giaconia. “Dimmi una cosa – diceva Monti al potenziale acquirente – mi ha detto Stefano che ha aperto il pacco ora…che fa, lo vuoi venire a guardare e se chi sa te la porti?”
Appuntamenti ed accordi con i clienti venivano presi telefonicamente e con sms. In un caso la polizia ha intercettato alcuni messaggi in cui la richiesta di droga veniva camuffata con un fantomatico acquisto di una torta di compleanno. “Ve bene giò – diceva l’sms – perché io parlando con te per sabato ho questa festa di compleanno e se non me la puoi fare tu questa torta me la faccio fare da un altro”.
Nel corso dell’operazione Andreas, chiamata così perché tra le intercettazioni c’è un riferimento al calciatore tedesco della nazionale Brehme – somigliante ad uno dei primi clienti dell’organizzazione – sono state scoperte due maxi piantagioni di cannabis. Due terreni incolti difficilissimi da raggiungere, isolati, abbandonati dai proprietari, ma controllati giorno e notte da sentinelle. Aree in cui sono state trovate cinquemila piante. Due piantagioni che servivano per il fabbisogno dello spaccio delle famiglie di Porta Nuova sempre più coinvolte nella produzione e nella detenzione e commercio di stupefacenti. Tanto che quando gli agenti sequestrarono le due piantagioni e la marijuana già essiccata i boss cercarono di rifornirsi a Catania. Oltre a Bronte, Graviano, Monti e Augello, nell’operazione sono finiti in manette Salvatore Coppola, 39 anni, Giuseppe Lombardo 33 anni, Salvatore Provenzano 45 anni, Antonio Tola, 23 anni Gaspare Corso 44 anni, tutti residenti a Partinico e ufficialmente braccianti agricoli e Mario Iannitello 54 anni di Alimena.
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09 Giugno 2015, 16:35