“I renziani in Sicilia hanno fallito | Governo politico o andiamo a casa”

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09 Ottobre 2014, 20:02

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PALERMO – “La rivoluzione dei renziani si è fermata a Reggio Calabria”. Fabrizio Ferrandelli si spoglia dell’abito vestito fino a oggi. “Non faccio più parte di nessuna corrente. Adesso bisogna solo capire se si può andare avanti o se è il caso di chiudere questa esperienza. Io sono pronto a dimettermi”. Il fallimento siculo del movimento che fa capo al premier, per il deputato regionale, apparentemente non ha un solo nome. Ma non manca l’affondo a Davide Faraone: “Che fine hanno decaloghi ed ultimatum?”.

Lei oggi ha chiesto, uso testualmente il suo tweet: “In Sicilia il Pd ha una linea o cu arriva ietta vuci?”. A chi si riferiva?

“A tutti, mi riferisco a tutti. Io sono un politico, è chiaro. Ma la mia estrazione, la mia esperienza nella società civile mi permette di guardare al mio partito con quegli occhi, quelli della strada”.

E con quegli occhi che vede?

“Vedo che nel Pd ciascuno è un’isola. Non si può più parlare di una scissione in due, tra cuperliani e renziani. Ognuno ormai vuole avere ragione alzando la voce”.

Le ripeto la domanda di prima: a chi si riferisce?

“Guardi, posso farle qualche esempio legato alla più stretta attualità: sulle Province ha parlato chiunque. Il sindaco di Siracusa Garozzo ha detto una cosa, il vicesegretario regionale Spicola ne ha detta un’altra, il presidente Crocetta ne dice un’altra ancora, il gruppo invece… il gruppo parlamentare invece non si sa che pensa e non si sa che dice. Ma quello delle Province è solo un esempio”.

Ce ne sono altri?

“Ma certamente. Gliene faccio un altro: la prossima settimana affronteremo le mozioni di censura a Scilabra e Vancheri. Non sappiamo nel nostro partito chi sia a favore o chi sia contrario. Nel frattempo, Cracolici e Raciti vogliono mandare a casa il governo, qualcun altro lancia Leopolde sicule. Un caos”.

Come si esce da questo caos?

“Guardando alla Sicilia parallela. Quella fatta di cose concrete, di palazzi assediati, di problemi antichi e nuovi. E invece, di fronte a tutto questo, assistiamo a una snervante partita di scacchi”.

E la rivoluzione che fine ha fatto?

“La vera rivoluzione, oggi, è quella dell’unità. Dobbiamo ritrovare le motivazioni che ci hanno portato a stare insieme. Bisogna cambiare rotta”.

In che modo?

“Innanzitutto partendo da due elementi: serve una maggioranza coesa e un governo politico”.

Lo chiede proprio lei? In giunta sono presenti diversi assessori dell’area-Renzi…

“Sono d’accordo. In effetti quelli presenti in giunta non sono certamente dei tecnici. Ma è gente che non ha alcun consenso. Credo che sia anche finito il tempo delle correnti”.

Lei non ne fa parte?

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“Non più. Da oggi non faccio parte di nessun corrente”.

Addio ai renziani, allora? Che significa?

“Io ritengo che per la componente renziana in Sicilia si sia trattato di un grande appuntamento mancato. La rivoluzione, la novità innescata da Renzi si è fermata a Reggio Calabria. In Sicilia invece tutti sono saliti sul carro. Anche qualche appartenente alla prima Repubblica. Tutti sono saltati su, però, e nessuno ha spinto il carro”.

Sembra un atto d’accusa nei confronti di chi ha rappresentato in Sicilia quest’area. Davide Faraone fino a pochi giorni fa era anche membro della direzione nazionale del partito. La sua figura, insomma, sembra rappresentare proprio il ‘ponte’ tra l’Isola e il premier.

“Io non voglio personalizzare la questione, riducendo tutto a un fallimento di Faraone. Certamente, se la componente renziana doveva essere motore di cambiamento, non ha centrato il proprio obiettivo. Anzi, ha persino fatto di peggio”.

Vale a dire?

“I renziani a Roma hanno una cultura di governo, inclusiva. Qui invece abbiamo solo diviso il partito, anche piazzando degli assessori che hanno reso più profondo il solco con altre aree del Pd. Senza contare che abbiamo visto nei mesi sparare decaloghi e ultimatum che non hanno portato proprio a nulla. E, anzi, siamo passati, in giunta, da Battiato a Gerratana. Ho detto tutto…”.

Già, Gerratana. Un renziano come (era) lei.

“Renziani sono anche Marco Zambuto e Mila Spicola che hanno chiesto, come ho fatto io, un reset totale. Un azzeramento. Che è, tra l’altro, la linea indicata dal vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini”.

Una linea indicata mesi fa ormai, e invece si è arrivati a una impasse che ha portato il segretario regionale Raciti a “togliere il sostegno” al governo.

“Non si può continuare a galleggiare. Chiedo, prima delle mozioni di sfiducia della prossima settimana, un incontro tra il gruppo del Pd, di cui fa parte lo stesso Crocetta, e il segretario Raciti. Bisogna guardarsi in faccia. Capire se e come si può ripartire. Se ciò non è possibile, meglio andare a casa. E io sarò il primo a rassegnare le dimissioni da deputato”.

Azzerare, ripartire. Che fine ha fatto l’dea della rivoluzione di Crocetta che anche lei ha sostenuto?

“Al presidente riconosco onestà e trasparenza. Ma oggi tutti quanti dobbiamo fare uno sforzo di umiltà. Non possiamo far finta di nulla. Siamo passati dalla gente entusiasta alla gente esausta. E le difficoltà oggi vengono utilizzate da qualcuno…”.

A chi si riferisce?

“Le faccio un esempio. Gli argomenti espressi dai Comuni siciliani sono ampiamente condivisibili. E io quotidianamente ascolto questi problemi. Ma qualcuno sfrutta il malcontento reale per lanciare una nuova campagna elettorale, per proporsi già per il ‘dopo-Crocetta’”.

Inutile dire che si sta riferendo a Leoluca Orlando…

“…Orlando punta alla Regione nascondendo la spazzatura e il proprio fallimento amministrativo. Basta con questi populismi. Se dobbiamo pensare al dopo-Crocetta facciamolo tutti insieme. E intanto, poniamo fine alle correnti. Io l’ho fatto. Da oggi la mia corrente è la Sicilia”.

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09 Ottobre 2014, 20:02

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