27 Gennaio 2010, 19:19
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Dalla memoria all’impegno, dalla lotta all’antisemitismo alle ricerche sulle comunità ebraiche in Sicilia. Sessantacinque anni dopo l’apertura dei lager nazisti, Maria Antonietta Ancona, presidente dell’Istituto siciliano di studi ebraici, racconta a Livesicilia la storia della sua famiglia, dei nonni morti ad Auschwitz nel ’44 e il suo quotidiano impegno di sensibilizzazione e conoscenza tra i giovani. “L’antisemitismo – dice – va combattuto con la memoria, con la capacità di trasmettere il rispetto del diverso. Ogni anno incontriamo centinaia di giovani, per ricordare loro che questa è anche una pagina di storia siciliana”.
Siciliani morti ad Auschwitz?
“Si, è successo ai miei nonni, ma non sono stati i soli. Loro si erano trasferiti a Padova e insieme ai miei genitori vivevano lì negli anni ’40. Quando mia madre seppe dei bombardamenti su Palermo, nel ’43, volle tornare in città, per vedere i suoi genitori e avere notizie. Mio padre qui a Palermo aveva una falegnameria, vicino il porto, che andò distrutta dagli attacchi aerei. Così si trasferirono a Roma, credendo che la presenza del papa potesse garantire maggiore sicurezza nella capitale. Così non è stato, ma fortunatamente un amico palermitano a ottobre del ’43 avvisò mio padre dell’inizio della deportazione degli ebrei italiani. Così, grazie all’aiuto di chi, da Palermo, li aiutò a fuggire, i miei genitori si salvarono”.
E i nonni?
“Dei nonni non si seppe più nulla. Dopo la liberazione dal fascismo mio padre tornò a Padova in cerca dei suoi genitori, ma non trovò più nessuno. Tramite la Crocerossa seppe le prime notizie, gli dissero che erano stati deportati ad Auschwitz. Anni dopo io andai a Padova, per saperne di più. Lì ho incontrato il rabbino Achille Viterbo, che mi mostrò una ricerca condotta dagli studenti di un istituto tecnico di Viterbo. Proprio grazie a loro ho saputo cosa ne era stato della mia famiglia. La nonna e una zia vennero dapprima portate a Villa Venier, a Vo’ Euganeo, dove era stato istituito un campo di concentramento. Nel luglio del ’44 furono deportate per un breve periodo a San Saba, poi ad Auschwitz. Furono uccise all’arrivo, il 3 agosto 1944”.
Cosa successe invece a suo nonno?
“Mio nonno… (sospira, ndr) non so bene cosa successe, ma fu separato dal resto della famiglia e detenuto nel carcere di Verona. Il 6 agosto 1944 fu deportato ad Auschwitz. Anche lui ucciso all’arrivo”.
Tornando ad oggi, quali iniziative porta avanti il vostro istituto?
“Lavoriamo su due fronti paralleli, da una parte la restituzione della memoria ai giovani, attraverso gli incontri nelle scuole, dall’altra portiamo avanti alcune ricerche sulle comunità ebraiche in Sicilia. Gli ultimi studi hanno portato alla luce la persecuzione dell’inquisizione spagnola: 1890 ebrei siciliani vennero processati perché accusati di essere neofiti giudaizzanti e 422 tra questi furono arsi al rogo a Palermo”.
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27 Gennaio 2010, 19:19