31 Marzo 2012, 08:54
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Sei disposto a guadagnare di meno? Questa la domanda che si saranno visti rivolgere alcuni dirigenti delle società partecipate della Regione. Disposto a guadagnare di meno? E perché mai? La riduzione delle indennità di quei dirigenti, a dire il vero, era stata messa per iscritto. In una delibera del governo, quella del 5 agosto del 2011, che prevedeva tutta una serie di cosiddetti “tagli ai costi della politica”.
Al punto 16, della delibera “”Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica e dei costi della politica”, appunto, il governo ha disposto di “fissare il tetto massimo delle retribuzioni onnicomprensive annue dei dirigenti di istituti, aziende, consorzi, organismi, fondazioni, società a totale o maggioritaria partecipazione della Regione, enti regionali comunque denominati sottoposti a tutela e vigilanza dell’Amministrazione regionale, in misura pari alla retribuzione minima onnicomprensiva corrisposta ai Dirigenti Generali della Regione, ridotta del 30 per cento”.
E queste riduzioni dovevano essere l’immediata conseguenza della “tempestiva emanazione, da parte degli Assessori regionali competenti, di apposite direttive, nonché, con riferimento alle Società partecipate, attraverso appositi interventi nelle relative Assemblee sei Soci”. Insomma, è nel corso di una di quelle assemblee, che l’amministratore della società avrebbe dovuto porre al dirigente l’interrogativo: “Sei disposto a guadagnare di meno?”.
Già, perché le ottime intenzioni della delibera, si sono scontrate con i contratti già firmati dai dirigenti. Contratti da onorare, almeno fino alla fine della loro durata. E i tagli come si fanno? La risposta al quesito è tutta in una circolare pubblicata sulla gazzetta ufficiale di ieri. Una circolare che offre una “interpretazione autentica” di quella delibera dell’agosto del 2011. Del punto 16, in particolare. E l’interpretazione autentica è la seguente: “La fissazione delle retribuzioni ivi individuate nella misura prevista si applica non già ai contratti in essere a quella data, bensì ai nuovi eventuali contratti da sottoscrivere…”. Quindi nessuna vera riduzione dei contratti in vigore? No, ma una speranza c’è: “Gli amministratori delle società e fondazioni in indirizzo sono in ogni caso tenuti a rinegoziare, ove possibile, i contratti in essere con i dirigenti al fine di applicare la riduzione fissata con la richiamata deliberazione”. Una trattativa, tra l’amministratore e il dirigente. Per convincere quest’ultimo ad “accogliere” il taglio. Ove possibile, ovviamente.
“Era l’unico modo – ha spiegato l’assessore Gaetano Armao – per riuscire comunque a ottenere dei risparmi. Perché i dirigenti, in molti casi, non hanno voluto rinunciare alle retribuzioni previste dal contratto. La rinegoziazione, però, offre uno strumento per ottenere dei tagli, magari prevedendo riduzioni del compenso in previsione, magari di un rinnovo”. Già, serve insomma che un dirigente, alla domanda: “Sei disposto a guadagnare di meno?”, risponda: “Certamente”.
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31 Marzo 2012, 08:54