16 Maggio 2017, 05:02
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CATANIA – “Salvatore Di Mauro lo metta con tre linee, che è mio cugino, quello dei mobili, Turi Di Mauro detto Turi u Biondo”. Lo chiama “il cugino” l’ex boss oggi pentito Giuseppe Laudani. Salvatore Orazio Di Mauro, conosciuto come “Turi il biondo”, è uno degli uomini chiave della maxi operazione coordinata dalla Procura di Milano che ha portato al commissariamento di 200 supermercati Lidl. Nelle mani dei magistrati etnei, che lo hanno arrestato un anno fa, ci sono i verbali del pentito Laudani, che parlano del rango di “familiare” di Di Mauro, sovraordinato agli altri associati, un uomo al di sopra dei vertici di Acireale, compreso lo “zio” Giuseppe Fichera.
SUMMIT NEL DEPOSITO – Un deposito ad Aci Platani, nella via principale, succursale del mobilificio di Di Mauro, ospitava i summit della famiglia Laudani. “Ci trovammo nel deposito, sia l’incontro con mio cugino Sebastiamo, sia l’incontro successivo con Lucio Pappalardo e gli altri, noi già eravamo nel deposito dei mobili dietro”.
Arrivato al summit, Giuseppe Laudani avrebbe trovato il boss Iano il grande “Ho trovato mio cugino Sebastiano il grande – racconta il pentito – che mi ha spiegato tutta questa situazione”.
Il collaboratore ricorda di essere “nervoso, io dovevo ammazzare questa persona, quando invece non era mia intenzione. Alla fine ho mandato Bastiano Granata a prendere a casa Lucio Pappalardo. Quando è venuto abbiamo parlato del comportamento che lui aveva avuto in questa occasione…”. Durante l’incontro nel mobilificio di Di Mauro, avviene la mediazione e si evita lo spargimento di sangue.
LA TANA – Il deposito sarebbe stato luogo di frequenti incontri tra malavitosi. “Molti avvenimenti – spiega Laudani – molti incontri, molte cose che succedevano nel periodo che io ero ad Acireale succedevano tutti là da mio cugino Salvatore, era lui molto spesso, cosa che parleremo, ma non fanno parte di questo procedimento, che mi fissava appuntamenti o incontri e via dicendo, ci incontravano sempre là, in questo deposito che era un posto tranquillo, perché aveva due entrate da due strade diverse, perciò era facile sia entrare che uscire”. In questo deposito sarebbe stato nominato anche un responsabile di un gruppo importante dei Santapaola, quello di Picanello, si tratta di “Orazio Di Grazia – racconta Laudani – Orazio Scarpa Pulita, il padre di Salvatore, persona di fiducia “di mio cugino Sebastiano e di Omar Scaravilli”. “Scarpa Pulita” è cugino di “Orazio Pacchiurina, figlio di Carmelo”.
Sempre alle spalle del mobilificio sarebbe stato nominato responsabile di Giarre “Mario Lanzafame”.
LE PARENTELE – Il pentito conosce tutte le parentele di Di Mauro, che “esce sempre soldi a usura, fa truffe, si occupa con gli altri del gruppo, perché poi sono tutti mezzi parenti fra loro, perché c’è Carmelo l’Africano, Melo l’Africano che è suo zio, suo cugino, comunque è parente con Pippo Fichera, c’è Melo Camelia che, adesso le parlerò, che sono sempre mezzi parenti, poi lui è nipote pure di Camillo Fichera, perciò sono tutti fra di loro là, in famiglia ad Acireale”.
Molti di loro si riunirebbero, secondo il pentito, proprio nel mobilificio di Di Mauro, “sono tutti buttati là, dalla mattina alla sera”. Di Mauro, a sua volta, sarebbe imparentato, secondo il collaboratore, “con i Fiaschetta, i Fiaschetta sarebbero i Di Mauro, che sarebbero i cognati di mio zio Pippo, cognati di Pippo di Giacomo”.
LA MEDIAZIONE – Quando il clan ha un problema o una questione delicata di cui discutere, è presente Salvo Di Mauro, per esempio nel caso di Mario Lanzafame, per un periodo nominato responsabile di Giarre per la famiglia, che doveva circa “100 – 120milioni a mio zio Mario – dice Laudani – cosa vecchia della Sicula Carni, Mario Lanzafame era un ex dipendete, ragioniere, qualcosa del genere, della Sicula Carni”. Per “l’importanza di questo fatto”, si rende necessario l’intervento di Di Mauro.
ESTORSIONI – Con Di Mauro, il boss Laudani avrebbe parlato dell’estorsione a un commerciante di pesce e i soldi sarebbero stati consegnati “a Salvo nel negozio”. Non un commerciante qualunque, il pentito parla del “pesce di Acitrezza”, uno dei principali centri di smistamento del catanese: “A volte succedeva che gli portava i soldi, o a volte succedeva che li prendevano i ragazzi direttamente, però succedeva anche questo, che andava da mio cugino Salvo e andava da mio cugino Salvo e gli lasciava i soldi a lui e poi comunque in tutta la vicenda del pesce di Acitrezza lui c’entra in tutto”.
Di Mauro “usciva costantemente i soldi a usura, miei e di mia zia Mariella, era lui che si occupava di tutto, noi davamo i soldi a lui, lui aveva i contatti con le vittime e tutto il resto. Io per esempio con mia zia prendevamo un tot di soldi, li davo poi a Salvo di Giovanna e Salvo sbrigava tutte cose”.
Il collaboratore Laudani spiega come funzionava il sistema di usura all’interno della famiglia Laudani grazie al ruolo di Di Mauro: “Allora, il discorso dell’usura veniva fatto in questo modo, anche ieri ne abbiamo parlato un poco, ma ci sono anche altre modalità, per esempio noi davamo mensilmente con l’interesse fisso del 10%, per esempio, poi c’erano persone che avevano bisogno di questi soldi, si davano questi soldi con un unico avvenimento, ci venivano dati degli assegni, per esempio su 10mila euro, 15mila euro ci venivano ritornati e ci venivano dati in pagamento con assegni postdatati, che poi sempre Salvo di Giovanna si occupava di scambiare e via dicendo, fra i quattro miliardi, perché là ci sarebbe no di essere io presente, proprio là dovremmo girare tutto Acireale perché Salvo di Giovanni ha contatti in tutto Acireale per scambiare assegni”.
Per cambiare gli assegni post datati, il clan si rivolgeva ad amici fidati, un noto bar del centro di Acireale, un noto commerciante di frutta, un altro nella frazione di Pennisi: “Salvo Di Mauro – aggiunge il collaboratore – conosceva tutta Acireale, infatti lui mi ha fatto conoscere tutti i commercianti e tutte le cose di Acireale. Lui mi ha introdotto in tutto quello che era Acireale, totalmente”.
Tra le vittime di estorsione ci sarebbe anche il gestore di un noto vivaio dell’acese.
LE VITTIME – Salvo Di Mauro, conoscendo tutta Acireale, avrebbe ridotto sul lastrico numerosi commercianti, grazie all’usura. “La maggior parte di tutti questi – dice il pentito – fra virgolette, clienti, chiamiamoli così in questo modo, erano già persone che lui aveva distrutto col tempo, io difatti parlavo con Salvo sempre di queste discussioni, chi erano queste persone, erano persone che lui già aveva da tanto tempo, tanto tempo, tanto tempo che gli dava questi soldi, poi alla fine li girava, li passava e si occupava di queste cose e poi periodicamente, saltuariamente, a lui si ci davano i margini per il guadagno, certo non eccessivi perché era sempre una cosa nostra in famiglia e non con degli accordi specifici”.
LA BISCA – Di Mauro avrebbe avuto un ruolo nella creazione della principale bisca clandestina della famiglia Laudani. “Ad Aci Platani – racconta il collaboratore Laudani – è stata fatta la più grossa bisca di gioco d’azzardo che ha fatto la famiglia Laudani, nelle zone delle case popolari di Aci Platani”.
IL PONTILE – Salvatore Di Mauro avrebbe avuto un ruolo anche nella gestione del “pontile di Santa Tecla”, nota località balneare, “che ci mettevo le motociclette d’acqua e per il discorso invece della possibilità di mettere a mare, proprio a mollo con le boe”. Ogni moto acqua costava circa 20mila euro
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