I ‘Vicerè’ della mafia catanese |Condannati boss e due avvocati

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08 Giugno 2018, 17:20

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CATANIA – Un’ora di camera di consiglio e poi il Gup Rosa Alba Recupido ha letto la sentenza del processo, stralcio abbreviato, scaturito dall’inchiesta che nel 2016 ha spazzato via i Laudani dalla scena criminale. Quaranta pagine di dispositivo per oltre 50 imputati. Una raffica di condanne e due assoluzioni. È stato uno dei verdetti più attesi di questo anno giudiziario, anche perché alla sbarra oltre i pezzi da novanta del clan mafioso vi sono due avvocati. Entrambi sono stati condannati per concorso esterno: 6 anni e 8 mesi la pena inflitta a Salvatore Mineo, 7 anni e 4 mesi invece a Giuseppe Arcidiacono. Proprio quest’ultimo, questa mattina, ha voluto rilasciare alcune dichiarazioni spontanee alla giudice.

La sentenza arriva dopo oltre un anno dalla requisitoria dei  pm Antonella Barrera, Lina Trovato e Santo Distefano al Gup. Il blitz Viceré ha smembrato pezzo per pezzo l’intero organigramma della cosca dei Laudani, una delle famiglie mafiose più sanguinarie di Catania. Sono state disarticolate le squadre di ogni paese dell’hinterland dove i ‘Mussi i Ficurinia’ hanno ramificato il loro potere criminale. È morto lo scorso anno il patriarca, Sebastiano Laudani. Anche lui era finito tra gli indagati dell’imponente inchiesta. Una retata che ha creato un vuoto di potere nel clan che, dopo la scomparsa del capomafia, si è acuito.

LA SENTENZA. Paolo Aloisio, 4 anni e 400 euro di multa (riconosciuta continuazione), Filippo Anastasi, 10 anni, 8 mesi  e 4 mila euro, Arcidiacono Giuseppe, 7 anni e 4 mesi, Carmelo Bonaccorso, 11 anni e 6 mesi (riconosciuta continuazione), Alberto Caruso, 13 anni, Andrea Catti, 12 anni, Orazio Cucchiara, 7 anni e 4 mesi, Giuseppe D’Agata, 7 anni e 4 mesi, Sebastiano D’Antona, assolto per non aver commesso il fatto, Vito Danzuso, 8 anni, Antonino Di Mauro, 8 anni, Salvatore Di Mauro, 9 anni e 2000 euro, Giuseppe Fichera, 10 anni, Antonino Finocchiaro, 8 anni e 8 mesi, Sebastiano Flori, 8 anni, Antonino Fosco, 8 anni e 8 mesi, Santo Gerbino, 11 anni (riconosciuta continuazione), Giovanni Giuffrida, 10 anni e 6 mesi (riconosciuta continuazione), Sebastiano Granata, 13 anni (riconosciuta continuazione), Giuseppe Grasso, 10 mesi di isolamento diurno (a titolo aumento condanna ergastolo), Franco Guglielmino, 10 anni e 4 mesi (riconosciuta continuazione), Concetto Laudani, 10 anni, Giuseppe Laudani (classe ’46) 10 anni, Santo Orazio Laudani, 14 anni, Sebastiano Laudani (classe ’69), 14 anni, Sebastiano Laudani (classe ’83), assolto, Orazio Leonardi, 10 anni, Daniele Mangiagli, 7 anni e 4 mesi, Orazio Militello, 8 anni, Salvatore Mineo, 6 anni e 8 mesi, Giovanni Muscolino, 8 anni, Alfio Nucifora, 10 anni, Antonio Luca Pappalardo, 10 anni e 3000 euro multa, Valerio Parasiliti Rantone, 8 anni e 8 mesi, Giuseppe Parenti, 3 anni (riconosciuta continuazione), Leonardo Parisi, 8 anni e 8 mesi, Carmelo Pavone, 12 anni, Francesco Antonio Pistone, 12 anni e 8 mesi, Antonio Carmelo Alessandro Privitera, 3 anni (riconosciuta continuazione), Alessandro Raimondo, 3 anni e 600 euro di multa (riconosciuta continuazione), Antonino Rapisarda, 9 anni e 4 mesi, Alfio Romeo, 10 anni, Omar Scaravilli, 10 anni, Orazio Sciuto, 8 anni e 8 mesi, Maria Scuderi, 8 anni e 8 mesi, Orazio Salvatore Scuto, 14 anni (riconosciuta continuazione), Salvatore Sorbello, 8 anni e 8 mesi, Maurizio Tomaselli, 16 anni (riconosciuta continuazione), Michele Torrisi, sentenza di non luogo a procedere per avvenuta morte, Sebastiano Torrisi, 3 anni (riconosciuta continuazione), Antonino Franco Ventura, 8 anni e 2 mesi (riconosciuta continuazione), Daniele Magrì, 8 anni e 8 mesi.

IL GRANDE ACCUSATORE – Giuseppe Laudani è il nipote che ha spezzato il cuore del nonno capomafia. La sua decisione di rompere i legami con la famiglia e diventare collaboratore di giustizia è stata una ferita insanabile per il patriarca dei Laudani che negli anni ha dovuto piangere anche due figli ammazzati. Dalle rivelazioni di Giuseppe Laudani è scattata l’indagine capillare che ha permesso di disegnare la mappa del potere dei “Mussi i Ficurinia”: affari, estorsioni e relazioni pericolose.

LA FAMIGLIA DI SANGUE. Alla sbarra sono finiti i figli e i nipoti del patriarca Ianu Laudani. I boss “di sangue” reggono le file dalla famiglia dei Mussi i Ficurinia. Perché nella mafia il cognome ha un peso. Un peso specifico. A processo sono finiti Santo Orazio Laudani, Ianu ‘il grande’ Laudani, Giuseppe Laudani, Concetto Laudani.  È finita alla sbarra anche la vedova di Santo Laudani: la madrina Mariella Scuderi.

LE ROCCAFORTI STORICHE – Il centro del potere dei Laudani è storicamente il quartiere Canalicchio, zona a nord di Catania e cerniera con la fascia etnea. Il punto di riferimento di quell’area – secondo gli inquirenti – è Omar Scaravilli, definito dai pentiti il clone di Iano Il Grande. Le mani mafiose dei Laudani poi sono arrivate fino a Paternò, dove i referenti storici sono i Morabito-Rapisarda.

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AREA ACESE. Carmelo Pavone, detto Melo l’Africano, è per gli inquirenti ai vertici del gruppo dei Laudani operante nell’acese. Sfuggito in un primo momento alla cattura, è stato identificato ed arrestato 24 ore dopo mentre si trovava a bordo di un traghetto nello stretto di Messina. Le estorsioni tra le attività privilegiate dal boss, tirato in ballo da diversi collaboratori di giustizia. Accusati di far parte della cellula di Acireale anche Giuseppe Fichera e Sebastiano Granata. Operanti nello stesso comprensorio ma appartenenti al gruppo di Aci Catena sarebbero Orazio Salvatore Scuto, detto u vitraru, e Giuseppe Grasso, più noto con il nome di Tistazza.

AREA IONICO ETNEA. Intelligente, tosto e con piglio decisionale. Così il super pentito Giuseppe Laudani descrive Alfio Romeo, detto Faviana, ritenuto ai vertici del gruppo operante a Piedimonte Etneo. Nonostante le dimensioni ridotte del comune pedemontano, il gruppo ha da sempre giocato un ruolo di primissimo piano non solo nell’area ionica, ma all’interno della Famiglia. Alla sbarra anche Leonardo Parisi, storico appartenente al clan nel gruppo operante a Giarre e già detenuto in carcere, dopo la condanna a 10 anni e 9 mesi per il tentato omicidio di Luigi Falzone. A processo anche Orazio Leonardi, più noto con il soprannome di Maciste, ed Alfio Nucifora, detto Alfio Sant’Alfio. Il primo è considerato lo storico responsabile per l’area di Giarre, mentre il secondo, già in carcere per l’omicidio del pastore di Calatabiano Salvatore Buda, avrebbe ricoperto un ruolo di primo piano tra Milo e Sant’Alfio. Infine hanno scelto il rito abbreviato Giovanni Muscolino, Giuseppe D’Agata e Sebastiano Flori.

DUE ASSOLUZIONI. Sono stati assolti Sebastiano Laudani, classe ’83, difeso dagli avvocati Ignazio Danzuso e il prof Guido Ziccone, e Sebastiano D’Antona, u babbaleccu, difeso da Maria Lucia D’Anna.

LA DIFESA – Le motivazioni della sentenza del Gup saranno depositate tra novanta giorni. È prevedibile che il collegio difensivo (composto dagli avvocati Alessandro Fidone, Ignazio Danzuso, Enrico Trantino, Serena Bonfiglio, Junio Valerio Celesti, Giovanni Chiara, Alessandro Coco, Maria Caltabiano, Sebastiano Bordonaro, Matteo Bonaccorsi, Elisa Ventura, Lucia D’Anna, Giorgio Antoci, Michele Ragonese, Fabrizio Seminara, Mario Cardillo, Eugenio De Luca, Salvo La Rosa, Franco Fazzino, Salvo Caruso, Donatella Singarella, Pino Ragazzo, Domenico Cannavò, Tommaso Tamburino, Giuseppe Musumeci, Franca Auteri, Giuseppe Gullotta, Enzo Iofrida, Belinda Zisa, Giuseppe Rapisarda, Luigi Cuscunà, Francesco Sanfilippo, Pino Napoli, Alessandro Vecchio, Prof. Guido Ziccone, Salvo Pappalardo, Pierpaolo Montalto, Salvo Centorbi, Ernesto Pino, Ignazio Danzuso) dopo aver letto le valutazioni del Gup ricorrerà in appello. Intanto prosegue davanti al Tribunale lo stralcio ordinario.

 

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08 Giugno 2018, 17:20

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