21 Luglio 2024, 07:30
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‘Falcone e Borsellino, il fuoco della memoria’ è un docu-film realizzato dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Palermo. Il regista è Ambrogio Crespi. Gli autori sono Gabriella Ricotta, Nino Blando, Luigi Sarullo, Ambrogio Crespi. I produttori: TeleOne, PSC Proger Smart Communication, Biondani TMG e Digital Identity. La dottoressa Lia Sava, procuratrice generale presso la Corte d’Appello di Palermo, che lo ha visto, scrive sul film e sulla storia che racconta.
La memoria è operazione complessa. Voltarsi indietro, riprendere fili e riannodarli richiede sapienza e scrupolo ben miscelati. Molti si cimentano in questo esercizio logico. Pochi riescono ad essere scrupolosi specchi di verità. Come conviene che sia.
Quando si vuole raccontare la storia di Falcone e Borsellino, poi, l’impresa della narrazione scenica diviene titanica. Perché quella storia è sacra. Ed al sacro occorre accostarsi con cura ed umiltà. Come precondizioni indispensabili.
Le immagini che ho visto scorrere hanno suscitato in me tre ordini di riflessioni in uno con un caleidoscopio di emozioni. Prendo le mosse dalle riflessioni che si ricollegano al mio vissuto professionale.
In primo ed in secondo grado, nei miei dieci anni nisseni, ho istruito e trattato il processo Capaci bis ed, in grado di appello, il Borsellino quater ed i suoi derivati. Le scene, i filmati dei crateri gli ho visti tante volte per cercare di afferrare particolari di una storia che deve diventare verità processuale a 360 gradi. Ma il “ già visto” professionale pomeriggio si è trasformato magicamente in altro.
L’ho visto declinarsi in narrazione scenica efficace, dirompente ma, ad un tempo, temperata da un raffinato intreccio fra voci ed immagini mai retorico. La seconda riflessione si collega al mio interesse per la narrazione cinematografica.
Ho trovato vincente il montaggio, la scelta degli strumenti visivi di trasmissione del racconto. Le televisioni d’epoca sovrapposte a strati di colori differenti che rimandano come specchi magici i volti e le voci dei nostri martiri sono state, per me, un’opzione di grande impatto. Riuscita, inoltre, l’immagine del narratore dietro le botti di rovere. Il vino d’annata che deve essere sapientemente custodito, che va bevuto a piccoli sorsi per assaporarne l’essenza. Non è forse così per le storie di vita tragica che non possiamo e non dobbiamo mai dimenticare ma farle nostre, fino ad incamerarle nella nostra essenza di uomini giusti?
La terza riflessione anch’essa ricollegata all’ impatto visivo riguarda la piramide dei nostri morti. Mostrarla inserita in un racconto, con una ben strutturata alchimia di sfumature cromatiche, frutto di un’ottima regia, rende l’idea dell’immane scempio di vite che si è consumato per mano mafiosa.
Parlano i volti e, nello snocciolarsi di riprese, sembrano, tutti insieme, celebrare un rito funebre che, per me credente, pur se mesto, è la porta della Resurrezione: ed i giusti risorti sono al cospetto di Dio. Adesso il profilo emotivo. Falcone e Borsellino bambini. La musica di sottofondo, Corleone e l’uscio della casa di Riina.
Era difficile questa miscela di sostanze contrapposte. L’innocenza inconsapevole di due ragazzini e sullo sfondo la ferocia di un uomo spietato. Il narratore riesce a condurci al limite del confine fra il bene ed il male. Senza infingimenti o parole sovrabbondanti ma rendendo evidente che solo gli eroi non muoiono mai.
E poi Fiammetta ed i ragazzi, le domande e le risposte che si snocciolano anche qui senza retorica e restituiscono l’uomo, il padre, il magistrato, come “creatura vivente” al di là dello spazio e del tempo. E Borsellino diventa (insieme a Falcone) il padre di tutti, l’archetipo del padre. Che protegge, cura, indica la strada ancora adesso, a tutti noi.
E Di Lello e Piero Grasso, i colleghi, quelli che hanno condiviso. L’emozione in certi loro sguardi è stata l’emozione di tutti quelli che li hanno conosciuti o che, come me, hanno avuto il privilegio di leggere e studiare le loro carte per afferrare frammenti di prove per ricostruirne la storia.
Sono loro, Falcone e Borsellino, il meglio di una generazione. Il Dipartimento di Scienze politiche e l’intera Università di Palermo che hanno il sacro compito di formare le nuove generazioni, ha costruito memoria e bellezza. Questa opera contribuirà a formare uomini giusti e liberi, che non dimenticheranno mai.
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21 Luglio 2024, 07:30