03 Giugno 2019, 06:02
4 min di lettura
Maria Falcone risponde al telefono dopo aver appena chiuso un collegamento via Skype con una scuola di Bergamo. “Non posso andare dappertutto ma la tecnologia ci aiuta”, dice soddisfatta. Parlare con i ragazzi è la missione a cui la sorella di Giovanni Falcone si dedica da anni. Una missione che non si fermerà dopo le polemiche dell’ultimo 23 maggio, condito da un balletto di “vengo e non vengo” alla commemorazione dell’Aula bunker che ha in qualche misura offuscato la cerimonia di ricordo delle vittime. Polemiche sulle quali Maria Falcone fa spallucce, ricordando il credo del fratello, il suo sacro rispetto per le Istituzioni e la centralità dei giovani nelle celebrazioni che ogni anni ricordano la strage di Capaci.
Professoressa, smaltita la stanchezza delle celebrazioni del 23 maggio, a distanza di qualche giorno possiamo dire che questa è stata una ricorrenza un po’ più sofferta delle altre?
“Per me il 23 maggio non è soltanto un giorno di memoria. A me quello che interessa sono i giovani. Io in questi anni ho portato avanti l’idea di Giovanni per cui la mafia era un fatto anche culturale e bisogna combatterla con la cultura. Quest’anno ad esempio il tema era quello della lotta a livello transnazionale, c’erano ospiti di vari paesi”.
Ma il tema mediaticamente è stato messo in ombra dalle polemiche di quanti hanno scelto di disertare la cerimonia dell’Aula bunker, o no?
“Per me il 23 maggio è questo, un evento dedicato ai giovani, che in Aula devono vedere i rappresentanti delle Istituzioni, quelli che devono fare l’azione repressiva. E quindi era fondamentale averli, come ogni anno. Spesso si è parlato anche negli anni scorsi di passerella dei politici: ma si tratta invece di rappresentanti delle Istituzioni che devono essere visti, sentiti, toccati con mano dagli alunni”.
E tutto questo non rischia di risolversi appunto in una passerella?
“La passerella non c’è stata nel ‘95, nel ‘98, nel 2010, e non c’è stata nel 2019. Abbiamo fatto discorsi molto brevi, io ho detto due parole, i tempi erano stretti. Non può parlare chiunque, forse tante gelosie sono nate per questo”.
Qualcuno non gradiva la presenza di Matteo Salvini e il rischio di trasformare l’evento in uno spot elettorale.
“Io quando vado nelle scuole dico che dietro al magistrato antimafia Giovanni Falcone c’era l’uomo che credeva nelle istituzioni democratiche. E le istituzioni devono sempre essere rispettate. Sia Di Lello sia Ayala ricordavano che lui diceva che non bisogna confondere le istituzioni con la persona che momentaneamente le occupa. La democrazia è questa”.
Senta, ma visti anche i nomi di alcuni protagonisti della polemica di questo 23 maggio, non le sono tornati alla memoria i giorni degli attacchi a suo fratello perché collaborava con il governo e in particolare con i socialisti?
“E come no. Ci ho pensato. Giovanni se ne andò da Palermo perché era circondato e non lo facevano lavorare. E mi disse ‘vedrai che a Roma farò molto di più’. Mi disse pure che andava via anche perché non voleva che si parlasse sempre del tribunale di Palermo come del Palazzo dei veleni e che per causa sua si mettesse in discussione l’istituzione magistratura”.
Istituzione che sta vivendo giorni tormentati, alla luce delle cronache…
“Sì, in questo momento la magistratura è screditata da tante inchieste che portano la gente a fare di tutta l’erba un fascio. Ma io ricordo come Giovanni, nonostante il Csm non lo avesse difeso, lo rispettava”.
Il sindaco di Palermo tra le ragioni della sua assenza ha addotto quella della presenza di ministri che solo pochi giorni prima avevano attaccato i magistrati siciliani.
“Sì, ma anche lui allora attaccò Giovanni. Nel caso di Orlando direi che errare humanum est, perseverare diabolicum”.
Ha avuto modo di parlare con il presidente della Regione dopo la sua scelta di non partecipare alla celebrazione?
“Penso che potremo anche incontrarci. Io non ho niente contro nessuno. Giovanni faceva la raccolta di papere, diceva che ognuno può sbagliare ma poi bisogna fare tesoro e non cadere più nell’errore. Magari avrò modo di parlare con il presidente e dirgli perché ci muoviamo in un certo modo”.
Allora anche l’anno prossimo resterà tutto così?
“Sì, continuerò così. Magari potremo fare degli aggiustamenti insieme, con il Miur. Io in questi anni ho lavorato con i ministri di tutti i colori politici , tutti hanno abbracciato la causa”.
Quanto hanno capito i ragazzi di tutte queste polemiche, secondo lei?
“Le polemiche ci sono sempre, ma non ce ne curiamo. Giovanni era convinto che per vincere la mafia ci voleva il salto generazionale. I giovani devono creare questo rigetto di tutto quello che è mafia e mafiosità. Un ragazzino di Messina di quinta elementare qualche giorno fa è vento in Fondazione. Aveva letto il libro “Per questo mi chiamo Giovanni” e mi ha detto: ‘Io non lo conoscevo Giovanni Falcone, ma ora è il mio miglior amico’. Tutti abbiamo il dovere di portare avanti le idee di Giovanni. Speriamo di continuare”.
Pubblicato il
03 Giugno 2019, 06:02