Il furto subito, la villa a Mondello | L’avvocatessa e i “favori” al boss

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26 Settembre 2014, 06:51

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PALERMO – Avrebbe superato il limite. Sarebbe andata oltre il normale rapporto professionista-cliente. E l’avvocatessa è così finita sotto inchiesta per favoreggiamento aggravato alla mafia. Perché il cliente di Annalisa Vullo, con studio a Palermo e Carini, è Angelo Antonino Pipitone finito in carcere ieri a 71 anni con l’accusa di non avere mai abbandonato, nonostante il tempo trascorso in carcere, un ruolo di prestigio nella mafia di Carini.

In particolare, il trentottenne legale avrebbe aiutato Pipitone a tornare in possesso del valore di una villa da un milione e 300 mila euro, acquistata anni fa in via Venere a Mondello, intestata a prestanome e infine rivenduta. La storia della villa, però, è preceduta da altri episodi che spingono il Giudice per le indagini preliminari a scrivere che “la Vullo chiede e ottiene l’intervento di membri della famiglia Pipitone al fine di beneficiare della loro capacità intimidatrice per ottenere un rendiconto personale”. Accuse pesanti per le quali abbiamo provato, finora senza successo, a raccogliere una replica della diretta interessata.

Il riferimento, in particolare, è a quanto accaduto nella notte del 26 maggio 2013. Alle due del mattino Benedetto Pipitone, anche lui finito in carcere ieri, riceve una telefonata dalla Vullo. La donna è allarmata. Vuole che l’uomo la raggiunga subito: “…. Benedè… ti posso chiedere una cortesia, puoi venire un attimo a casa mia?… è successa una cosa brutta, puoi venire per favore”. Quella sera, la Vullo, all’epoca in corsa per le elezioni comunali di Capaci, e il marito, al rientro da una cena elettorale, trovano l’abitazione svaligiata. Da altre intercettazioni verrebbe fuori che i Pipitone incaricano di recuperare la refurtiva Antonino Conigliaro, altro personaggio conosciuto alle forze dell’ordine per una condanna per estorsione rimediata alcuni anni fa. “… mi cade la linea perché forse i cornuti ascoltano… – dice l’uomo all’avvocatessa – … guarda il telefono vedi che non mi piace perché si sente troppo assai… non ne parlare più con nessuno chiudiamo la discussione e basta mi capisci quando parlo… comunque il problema te l’ho risolto… in settimana avrai quello che si è sfasciato… andiamo… per mezzo dei santi si va in paradiso mi capisci vero… tu non ti preoccupare”. Da qui i pm e il gip ritengono che “è altamente verosimile che la Vullo si sia rivolta a Conigliaro, tramite intermediazione di Benedetto Pipitone, affinché lo stesso si adoperasse per recuperare la refurtiva del furto dì cui l’avvocato è stata vittima”.

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E poi c’è la faccenda della villa. Il 23 luglio 2007 viene siglato l’atto di vendita. Vincenzo Caruso, che ora è indagato per trasferimento fraudolento di beni, risulta acquirente della metà di una lussuosa residenza in via Venere. Nel tempo avrebbe restituito ad Angelo Pipitone, ritenuto il vero proprietario, 450 mila euro. Mancavano ancora all’appello 150 mila euro. La villa sarebbe stata rivenduta nel 2013 per un milione e 300 mila euro a una coppia di facoltosi palermitani. Nell’affare sarebbe stato decisivo l’intervento della Vullo affinché Pipitone si assicurasse “il relativo prezzo-profitto realizzando un sistema di deleghe che legittimasse Vincenzo Caruso a pretendere il pagamento, anche facendo nascere nei debitori il timore per la prossima scarcerazione di Pipitone”. Eppure, dicono gli investigatori, l’avvocatessa era perfettamente al corrente che il vero proprietario fosse Angelo Antonino Pipitone.

Nel corso dell’operazione di ieri i carabinieri hanno perquisito gli studi legali del legale a Carini e Palermo, alla presenza, come impone la legge, di un rappresentante dell’Ordine degli avvocati. “Chiederemo alla Procura copia degli atti di indagine, poi valuteremo se sospenderla o meno dalla professione – spiega – il presidente Francesco Greco -. Un fascicolo è già stato aperto dall’ordine, il passo successivo della sospensione dipenderà dalla gravità dei fatti e dalla possibilità che questi possano screditare la categoria”.

“La vicenda del furto non è vera e non ha parte del capo d’imputazione – replica l’avvocato Vullo -. Quella notte ho chiesto soccorso anche a un amico carabinieri e all’indomani ho fato una denuncia. Su Caruso posso solo dire che quando mi sono reso conto che non rientrava tra le mie competenze non mi sono più occupata del caso”.

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26 Settembre 2014, 06:51

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