Cronaca

Il boss Alfio Ferlito |Dall’arruolamento alla strage

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14 Luglio 2018, 09:34

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Francesco Ferlito

CATANIA – È finito in manette, ieri, Francesco Ferlito. Una vicenda per un “cavallo di ritorno”. Estorsioni per riavere indietro l’oggetto rubato. Una brutta storia di crimine diffuso. Ma quel cognome proietta ad un altra epoca, fatta di bombe e morti ammazzati. Francesco Ferlito è figlio di Alfio, ucciso nel 1982 in un attentato, passato agli onori della cronaca come “la strage della circonvallazione di Palermo”.

È una storia di sangue che affonda le sue radici negli anni ’70, prima delle stragi palermitane, prima dei 100 morti ammazzati all’anno sulle strade catanesi. È necessario cominciare da una scelta, alcuni dicono sofferta, del padrino catanese Giuseppe Calderone, detto cannarozzu d’argento per l’operazione alla laringe che gli aveva reso metallica la voce, di affiliare alcuni malavitosi locali allo scopo di rafforzare le file e poter rispondere alla tracotanza dei Cursoti e dei Carcagnusi. I due clan avevano iniziato a sfidare Cosa nostra catanese a suon di pallottole e chiedendo il pizzo agli imprenditori “protetti”.

In questo “arruolamento” spiccavano i nomi di Benedetto Santapaola e Alfio Ferlito. I due vantavano prestigio criminale, carisma e una particolare propensione al delitto. Ferocia, ambizione criminale e arroganza provocarono tensioni tra i due giovani boss. E mentre a Palermo si consumava il conflitto epocale tra i Palermitani di Stefano Bontade e i Corleonesi di Totò Riina, alle falde dell’Etna si accendeva la miccia che portò all’agguato ad Aci Castello del capomafia Pippo Calderone. L’8 settembre 1978 un commando armato freddava cannarozzu d’argento. Il boss moriva tre giorni dopo, aveva 52 anni.

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Il vuoto di potere all’interno di Cosa nostra catanese scatenò una guerra intestina tra i due ras: Santapaola da una parte e i fedeli di Ferlito dall’altra. Agli inizi degli anni ’80 si susseguirono agguati e omicidi. Alfio Ferlito fu arrestato a Milano il 6 giugno 1981, il suo gruppo perse “voce” all’interno della cupola. Lo fermarono a bordo di un camion carico di ortaggi e una tonnellata di hashish. A Santapaola però non bastava vederlo dietro le sbarre. Il 16 giugno 1982 Alfio Ferlito fu ucciso mentre stava per essere tradotto in carcere da Enna a quello di Favignana, in provincia di Trapani. Alla circonvallazione di Palermo, esattamente allo svincolo di Sferracavallo il boss catanese moriva sotto una pioggia di pallottole insieme ai tre carabinieri della scorta.

L’uccisione del boss creava una frattura insanabile. Il “delfino” di Alfio Ferlito, Salvatore Pillera (detto Turi cachiti), raccolse i fedelissimi del suo “padrino” e fuoriuscì da Cosa nostra catanese fondando un gruppo malavitoso autonomo. Nel suo “clan” militarono personaggi criminali di rango come Salvatore Cappello e Pippo Sciuto “Tigna”.

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14 Luglio 2018, 09:34

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