09 Maggio 2024, 11:28
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PALERMO – La confisca è diventata definitiva. Passano per sempre al patrimonio dello Stato i beni degli eredi del boss Mario Marchese. Valgono un milione di euro. Deceduto otto anni fa, nato a Monreale, classe 1939, lo “zio Mariano” Marchese aveva rimediato una condanna già ai tempi del maxiprocesso.
Era stato arrestato di nuovo nel 2016 con l’accusa di essere diventato, all’età di 77 anni, il nuovo capo mandamento di Santa Maria di Gesù.
Il suo curriculum criminale affonda le radici ancor più indietro nel tempo. Nel 1981 i poliziotti fecero irruzione in una villa dove si discuteva di droga. Furono accolti dalle pistolettate. In quella casa si disse che c’era anche Marchese.
Di sicuro era presente Benedetto Capizzi che nel 2008 sarebbe finito in carcere con l’accusa di essere il capo del Mandamento di Villagrazia. Capizzi faceva finta di essere malato e scontava l’ergastolo per omicidio agli arresti domiciliari. Nel frattempo provò a riorganizzare la cupola di Cosa nostra.
I due boss sono sempre stati grandi amici. Tanto che Capizzi tolse dai guai Marchese dicendo che gli aveva prestato la macchina. Ecco perché l’auto nel 1981 era parcheggiata davanti alla villa del blitz nel rione Villagrazia. Marchese poi fece giungere in Procura, mente era latitante, la prova che il giorno dell’irruzione era dal medico.
Con l’arresto di Marchese, nel 2016, saltarono fuori le intercettazioni in cui definiva “mischini” Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma la loro morte era vista come l’avvio di una nuova stagione per l’intera Cosa Nostra.
Mischini (poverini ndr), ma anche da ostacolo per il futuro dell’organizzazione. La morte dei padrini poteva rappresentare il punto di svolta, perché altrimenti “non se ne vedono lustro”.
Non solo la morte di Riina e Provenzano ma di “tutto u vicinanzo”, di chi “era sotto a loro… Graviano, Bagarella, questo di Castelvetrano…”. E cioè Matteo Messina Denaro. Il tempo passa per tutti e i malanni nessuno risparmiano.
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09 Maggio 2024, 11:28