Il boss, il bambino e la virilità |Quel figlio esibito come un trofeo

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30 Marzo 2017, 06:16

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PALERMO – “Guardate, guardate”, diceva ai suoi compari. Quella inaspettata virilità era uno spettacolo per i suoi occhi. E i compari si compiacevano mentre stringeva tra le braccia un figlio di appena quattro anni. Orgoglio di un padre-boss, che in macchina mercificava l’innocenza. È l’ostentazione dei disvalori di Cosa nostra. Nel mondo all’incontrario dei mafiosi capita che un boss usi le prime, e istintive, erezioni di un bambino come un trofeo. Si cresce così nelle famiglie mafiose. Con i valori dell’omertà, della sopraffazione e della virilità. Una virilità che si tramanda, si deve tramandare di padre in figlio.

Tutto questo è capitato per le strade di Palermo, a bordo di una macchina imbottita di microspie. I poliziotti della Squadra mobile braccavano i nuovi capi di uno dei più potenti mandamenti mafiosi palermitani. Parlavano di equilibri di potere, pizzo e fatti di sangue da compiere. È il triste e ripetitivo repertorio di Cosa nostra. Quello che magistrati e poliziotti combattono da sempre.

Inaspettato, persino per chi è abituato per mestiere ad ascoltare ore di intercettazioni, diventa il dialogo di un giro notturno per le vie di una città che si popolano di prostitute. Le frasi erano chiare, anzi chiarissime. L’erezione di un bambino di quattro anni veniva stimolata oltremodo. E il boss si riempiva il petto, fiero della reazione di una creatura in tenerissima età.

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È vero, la sessualità si scopre da piccolissimi. Non è necessario per saperlo attingere a chissà quale letteratura scientifica. Non così però, sostengono il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e il sostituto Ilaria De Somma che chiedono al giudice per le indagini preliminari Lorenzo Jannelli di processare il padre-boss. Gli contestato l’articolo 609 quater del codice penale previsto per chi compie atti sessuali con un minorenne.

Chissà come si è difeso l’imputato, collegato in video conferenza dal carcere in cui è detenuto da alcuni anni. Il suo è un cognome storico nel panorama della Cosa nostra palermitana. Mafioso è lui, mafioso è il padre, mafiosi gli zii. Ed è in questo contesto di disvalori che le pulsioni sessuali di un figlio di quattro anni diventano un trofeo da mostrare agli amici – mafiosi pure loro – andando in giro per le strade della città, nei luoghi dove il sesso si vende sui marciapiedi.

 

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30 Marzo 2017, 06:16

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