06 Febbraio 2014, 07:34
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CATANIA – “Noi ci sentiamo nel cuore di questa città e non possiamo non pregare per essa. Ci sentiamo una parte attiva, come il cuore che pulsa. Vorremmo arrivare ovunque, soprattutto tra chi è nella disperazione. Ce la mettiamo tutta. Cerchiamo di tenerci informati il più possibile. Non ci sentiamo affatto fuori dal mondo. Attraverso la nostra vita di comunità, cerchiamo di portare al Signore i problemi del mondo affinché lui li possa risolvere”. Suor Agata è la priora delle Benedettine dell’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento di Catania. Insieme alle sue consorelle vive in via Crociferi, in pieno centro storico. La loro è una vita di nascondimento, preghiera e soprattutto silenzio. Il paradosso vuole, però, che tutte loro siano conosciute ai più per un canto, quello che, da ventisette anni a questa parte, viene alzato ogni 6 febbraio in onore di Agata. Per qualcuno è un momento di puro folclore. Per altri ancora, uno straordinario momento di preghiera, un’inaspettata esplosione di silenzio. Il momento in cui la missione orante di un manipolo di monache irrompe sulla città.
Madre, qual è il senso dell’orazione perpetua, per chi pregate?
“I benefici della nostra preghiera vanno in favore di tutta l’umanità. Noi uniamo la nostra preghiera a quella di Gesù Cristo. Nell’adorazione perpetua, in particolare, mettiamo tante intenzioni. Preghiamo per i grandi problemi, per la pace, ma anche per le piccole questioni. Sono in tanti, anche a Catania, a chiederci delle preghiere. Non c’è nessuno che non ne abbia bisogno. Tutta la nostra vita è un’offerta a Gesù”.
Dal vostro particolarissimo punto di osservazione, qual è, secondo voi, il più grande dramma che attualmente sta attanagliando Catania?
“C’è un grande allontanamento da Dio. La famiglia, poi, non è più unita come una volta. Infondo, è grazie all’amore nella coppia e per i figli, che nasce quella forza necessaria ad affrontare tutti problemi esterni. Manca pure la lealtà. Mancando questa, viene a mancare anche la sincerità. Tutto questo mina dal di dentro i rapporti sociali. Sono certa che se si pensasse di meno ai propri interessi, guardando invece al bene comune, ci sarebbe vero progresso e si potrebbero risolvere tantissimi problemi, anche i più pesanti. Perché, se nell’affrontarli so di non essere solo, non perdo di coraggio. L’egoismo, invece, è una chiusura e nuoce a tutta la società. Una maggiore vita spirituale ci aiuterebbe sicuramente”.
Lei ha scelto un nome impegnativo. Cosa lega una benedettina ad Agata?
“Sono catanese ed Agata è stata sempre nel mio cuore. Ogni anno, sembra, che in me lei cresca sempre di più. Il suo nome non è impegnativo per me. Anzi, è lei che s’impegna a proteggermi. Spesso mi rivolgo a lei, affinché possa aiutare questa comunità e questa città. Lei conosce i veri problemi di Catania. Quando le sue spoglie erano a Costantinopoli, era lei stessa a chiedere di tornare. Agata significa buona. Il mio impegno è quindi di esserlo sempre di più. In questo, invoco lei.
Come nasce il vostro specialissimo attaccamento alla santa?
“Intanto, molte di noi sono catanesi. Fino a qualche anno addietro, guardavamo il fercolo da dietro le grate e non ci mostravamo. Poi, ventisette anni fa, la nostra madre priora, Giovanna, ci ha spinto a cantare in onore di Agata. Non era per compiere un atto di esibizione, ma di amore verso di lei. Non pensavamo, sicuramente, che tutto ciò avesse questo sviluppo. Prima di allora, erano pochissime le persone durante il passaggio in via Crocifari. Un tempo avveniva sempre di notte. Le ore piccole sono arrivate solo successivamente”.
Non vi sentite oggetto di spettacolo?
“Per molti lo è e ci dispiace. Però siamo sicure che, una volta che si comincia a cantare, è come se si venisse a creare un atmosfera particolare. Mi spiego. L’altro giorno abbiamo avuto, qui, una reliquia di sant’Agata. É stata una cosa commuoventissima. L’emozione per noi era palpabile. La chiesa era piena di gente, ma c’era pure un silenzio incredibile. Un vero spirito di preghiera. Era Agata a ispirarlo. Quando il 6 lei passa da qui e si ferma, la folle vociante è come se non esistesse. Piomba un silenzio di tomba. Qualcosa, quindi, succede”.
Un miracolo, forse?
“No, assolutamente. C’è sicuramente un’apertura alla grazia. Anche se per alcuni è un momento puro di folclore, la testimonianza cui assistono, li trasforma. In molti, vengono coinvolti da questo moto di preghiera. In questi anni c’è stata una grossa opera di sensibilizzazione riguardo lo spirito di preghiera. Il lavoro di una certa stampa, le catechesi, gli incontri sono serviti tantissimo. In questi anni è stato un crescendo”.
Lei trova?
“Ecco, c’è gente che ancora oggi resta ignorante di tutto ciò. Ma nel momento in cui seguono Agata, penso che ci sia qualcosa di sincero in loro. Non può, la santa, non entrare in loro. Quello stare insieme, ne sono certa, determina un momento di crescita spirituale, indipendentemente dal folclore. Questi ragazzi sono disposti a seguire la santa anche sotto la pioggia. Non può non esserci dell’amore puro in loro. Io sono felice di vederli, anzi, resto sempre stupefatta quando arrivano qui. La devozione c’è”.
Lei ha fatto un scelta di vita improntata alla rinuncia. Da donna, lei crede che Agata sia un modello al femminile?
“Certo, lei è un modello per tutti. In lei c’è una fortezza, un coraggio, impareggiabile. La nostra santa, non può che essere guardata con ammirazione. Il viva sant’Agata, quindi, ci sta tutto”.
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06 Febbraio 2014, 07:34