25 Maggio 2017, 12:54
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Si ferma il tempo, nella notte di Palermo. Perché c’è una madre sulla tomba a cielo aperto del figlio. Lì, dove hanno sparato a Daniele, arriva Angelina. Non c’era mai stata. Non aveva mai voluto vedere, fin qui, il luogo in cui qualcuno – ancora ignoto alla giustizia degli uomini – ha spento la vita di Daniele Discrede – sì, suo figlio – al culmine di una tragica rapina.
Ora, Angelina è qui, nello stesso giorno, tre anni dopo. Si avvicina, a bordo di una macchina guidata da chi si è preso il compito di accompagnarla, di custodirla. A pochi metri, in via Roccazzo, nello spiazzo che tre anni fa venne bagnato dal sangue del commerciante, assassinato davanti alla figlia piccola, due poeti si disputano l’attenzione. Sono Salvo Piparo e Sergio Gargano che mettono in scena l’orazione scritta per ricordare un morto troppo a lungo dimenticato, nella serata dedicata all’anniversario.
E’ un dialogo celestiale. Sergio finge le sembianze di Daniele che era un generoso ribelle, Salvo assume la fisionomia di San Pietro che conteggia i peccati, con bonomia e un pizzico di severità: ce la farà ‘Dani’ ad entrare in Paradiso? Ed è un testo che afferra il cuore e lo strizza come prima era accaduto grazie alle voci dei ragazzi del Gospel Project Choir, capaci di squarciare il buio con fendenti di anima e vocalizzi.
E prima ancora c’era stata la fiaccolata dalla chiesa di Passo di Rigano, con il sindaco Orlando in testa, prodigo di carezze e abbracci per i familiari, a testimonianza anche di una solidarietà non estemporanea. Campagna elettorale? No, la differenza tra un sentimento e una convenienza si coglie al volo. Luca si presenta come uomo, come padre, come figlio. Infatti, si commuove. Ma ora c’è Angelina e tutto passa dietro le spalle. L’aveva precisato la mamma di Daniele: “Io provo a venire. Ma quando sono là, se non me la sento, voglio che ci sia qualcuno pronto ad accompagnarmi a casa”. Perciò, l’affetto vigila con necessaria preoccupazione.
Eccola, Angelina, con i suoi capelli bianchi, con i suoi occhiali, con una nipotina in braccio. Scende dall’auto, mentre una mano premurosa apre lo sportello. Poggia un piede a terra. Si ferma. Si decide tutto qui. Solo una madre può sapere cosa significhi perdere un figlio. Solo una mamma conosce il prezzo del ritorno laggiù, dove il suo ragazzo ha guardato il cielo per l’ultima volta, mentre il respiro, inesorabilmente, si accorciava. Angelina atterra nello spiazzo del suo lutto. E va avanti. Comincia a camminare. Non chiede braccia che la sorreggano. Sono minuti quei passi. E in ogni passo c’è una lacrima. E in ogni lacrima c’è un sorriso.
Nel frattempo, Salvo e Sergio sono quasi al dunque: Daniele andrà o non andrà in Paradiso? Angelina continua il suo percorso. Approda, finalmente, nella zona più illuminata dello spiazzale e si concede alle braccia del marito, papà Gaspare, dei figli e delle nipoti. Non dice una parola. Nel suo silenzio brucia l’eterno coraggio di una donna costretta a piangere il bambino che aveva messo al mondo. In prima fila c’è Vito, fratello di Daniele, l’organizzatore, il muro, la trincea, la forza: colui che, con le sorelle e i cognati, è stato più a lungo sotto il fuoco del rimpianto e dell’indifferenza.
E stavolta c’è pure Palermo, in una quota ancora minoritaria, ma c’è. Ci sono quelli che non si rassegnano, che non volgono la testa altrove, che sono qui per affermare una cosa facile e terribilmente straniera: se uno muore, se uno viene ammazzato, non è una questione di esclusiva competenza di chi gli è sopravvissuto, nella burocrazia dello struggimento; la ferita è di tutti e tutti hanno il dovere di conservarla come una memoria preziosa.
Siamo all’epilogo. San Pietro allarga le sue ali e accoglie Daniele in Paradiso. La bontà del suo animo l’ha salvato, nonostante i peccati.
Angelina è laggiù, nell’ombra. Un soffio di vento le rimescola i capelli. Guarda una presenza che altri non notano. Nei suoi occhi si riflette un’immagine cara, quell’unica immagine. Parla, senza parlare, Angelina, col figlio che non c’è più, che solo per lei ci sarà per sempre in un modo che nessuno sa. Così si compie il prodigio che l’amore non ha mai smesso di invocare. Il miracolo di un ragazzo che torna, richiamato dal canto silenzioso di sua madre.
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25 Maggio 2017, 12:54