05 Febbraio 2014, 17:46
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E’ scandalo a Gallipoli per un cartello apparso sulla parete dell’ambulatorio di ginecologia di un consultorio locale. “Abbigliamento consigliato per una visita ginecologica: gonna e calze autoreggenti” è il suggerimento rivolto da una dottoressa alle sue pazienti per velocizzare le visite. Su Facebook, dove una delle pazienti ha postato la foto dell’insolito cartello non gradendo affatto il consiglio della ginecologa, si è aperto un feroce dibattito sull’argomento. Il popolo del web è diviso tra chi, come la dottoressa, non vede nulla di strano se non l’intenzione di dimezzare i tempi d’attesa in sala d’aspetto, e chi invece trova sconveniente ed inappropriato il linguaggio utilizzato.
A prendere le distanze dalla ginecologa, come riportato da “Il Corriere del Mezzogiorno-Puglia”, è il direttore generale dell’Asl di Lecce. “Nessuno al mondo – ha dichiarato al quotidiano – può pensare di scrivere su un cartello che le donne devono presentarsi in calze autoreggenti alla visita ginecologica senza che ciò susciti reazioni o comunque commenti piccanti che certamente non fanno bene alla sanità pubblica. Bene hanno fatto quelli che hanno protestato (…) Oppure, ancora, l’informazione può essere data direttamente dal ginecologo nel momento in cui effettua la visita o quando si fa la prenotazione…”.
Mentre il cartello è stato rimosso, la ginecologa ha usato Facebook per ribadire la buona fede e la correttezza del suo comportamento: “Nei giorni scorsi, e’ stato riportato su facebook un avviso apposto dinanzi all’ingresso del consultorio familiare di Gallipoli. Veniva “CONSIGLIATO” di andare a visita in modo semplice e pratico evitando pantaloni, collant e prediligere le calze. La pubblicazione è stata fatta da una giovane donna che evidentemente, non avendo compreso le motivazioni di detto consiglio, invece di chiedere spiegazioni al personale, ha preferito renderlo di pubblico dominio trovandolo “SCIOCCANTE” (…)
“IL CONSIGLIO” su come vestirsi per accedere ad un ambulatorio ginecologico ha come fine quello di non indurre la donna ad appoggiare parti intime su una sedia pubblica senza alcuna protezione da parte dei propri indumenti. In conclusione basta un minimo di buon senso o se vogliamo di intelligenza per comprendere che con un’affluenza esistente nel Consultorio di Gallipoli, se più utenti poggiano le proprie parti intime in successione sulla stessa sedia può non essere sufficiente lo sforzo di lavare e disinfettare continuamente la stessa sedia per scongiurare la trasmissione di infezioni da una paziente all’altra“.
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05 Febbraio 2014, 17:46