28 Maggio 2013, 14:46
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PALERMO – Salvino Caputo in bilico. Su di lui si incombe l’ombra della decadenza dal mandato iniziato lo scorso cinque dicembre. E pronto a sollevare il caso è il Movimento cinque stelle, come annuncia a Livesicilia il suo capogruppo Giancarlo Cancelleri. Il parlamentare monrealese è stato infatti condannato in via definitiva la scorsa settimana ad una pena di un anno e cinque mesi per tentato abuso di ufficio. L’ex sindaco di Monreale, a Palazzo dei Normanni da quattro legislature, si era attivato per cercare di fare cancellare alcune multe. Tra queste anche quella elevata all’allora arcivescovo Salvatore Cassisa (nel 2004 all’autista del monsignore era stata contestata un’infrazione da 101,96 euro). Multa più salata da 1.300 euro per l’ex assessore Francesco Nocera e la moglie. Novecento euro per l’allora presidente del Consiglio comunale, Roberto Terzo.
Nel mirino del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e del sostituto Sergio Demontis era finita una determinazione sindacale ad hoc che disponeva lo “sgravio” delle somme. Una determinazione bollata come illegittima dall’accusa. Di una condanna per “un reato impossibile” hanno sempre parlato i legali di Caputo. Le multe in effetti non furono mai cancellate. Le delibere di Caputo restarono lettera morta fino a quando il suo successore, Toti Gullo, non se le ritrovò davanti e decise di spedirle alla Corte dei Conti. E da qui alla Procura della Repubblica che fece scattare l’inchiesta. In primo grado Caputo era stato condannato a due anni, in appello però cadde l’accusa di falso e arrivò lo sconto di pena. Caputo ha ottenuto la sospensione della pena.
La condanna definitiva renderebbe oggi ineleggibile Salvino Caputo, in virtù dell’articolo 15 della legge 55 del 1990, modificata dal decreto legislativo 235 approvato lo scorso 31 dicembre. Secondo la legge, per come modificata pochi mesi fa, infatti non possono essere candidati alle elezioni regionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio”. La norma precisa come l’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità è nulla, per cui “l’organo che ha deliberato la nomina o la convalida dell’elezione è tenuto a revocarla non appena venuto a conoscenza dell’esistenza delle condizioni stesse”. Lo stesso decreto dispone che le disposizioni in materia di incandidabilità si applicano anche alle regioni a statuto speciale. Un’altra interpretazione però, che sarebbe favorevole a Caputo, si fonda sulla circostanza che il decreto sia posteriore al momento dello svolgimento dei fatti contestati. Secondo questa interpretazione, la legge che si applicherebbe è dunque la stessa 55/1990 non modificata dal decreto del 31 dicembre 2012, che prevedeva la decadenza solo per pene superiori ai due anni. La sentenza comunque deve essere depositata in Cassazione prima che la commissione Verifica poteri possa entrarne in possesso. Insomma la vicenda è abbastanza intricata, e non di immediata soluzione. Lo stesso Caputo però al momento preferisce non commentare.
Toccherebbe comunque all’Assemblea regionale siciliana disporre la revoca dell’elezione. Ma solo se il caso venisse sollevato in Aula, ipotesi probabile alla luce della posizione assunta dal Movimento 5 Stelle. Ed a proposito c’è pure un precedente, quello del deputato cuffariano Santo Catalano. L’allora parlamentare del Pid venne dichiarato decaduto nel novembre 2011. In quell’occasione la Corte d’appello di Palermo ha stabilito che Catalano era ineleggibile, confermando la sentenza del Tribunale civile, respingendo così il ricorso del deputato regionale. In un primo momento però l’Ars aveva deciso che il parlamentare, eletto nel 2008 nelle file del Mpa e poi transitato nel Pid, doveva restare al suo posto. Catalano era stato dichiarato “non candidabile” per via di una condanna patteggiata nel 2001, a Messina, per una vicenda di abusivismo edilizio e abuso d’ufficio. Il deputato era però stato blindato dal voto segreto dell’Aula, dopo che la commissione Verifica poteri aveva dichiarato la sua decadenza, anche in virtù del parere legale fornito dal consulente per gli affari legali ed ex presidente degli avvocati palermitani, Enrico Sanseverino.
Sarebbe la commissione per la Verifica dei poteri, presieduta da Giovanni Ardizzone e composta da dieci deputati, a decidere sul nodo Caputo, che tra l’altro è vicepresidente della stessa commissione, assieme al democratico Filippo Panarello. La patata bollente dovrebbe approdare poi a Sala d’Ercole che deciderà sulla decadenza di Salvino Caputo, ma solo dopo che la commissione per la Verifica dei poteri si esprimerà in merito.
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28 Maggio 2013, 14:46