Il pm: quattro anni a Cammarata | per il caso dello skipper

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18 Febbraio 2013, 14:25

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PALERMO – Quattro anni per Diego Cammarata. Tre anni e sei mesi per Franco Alioto il presunto skipper della barca dell’ex sindaco di Palermo. Sono pesanti le richieste di pena del pubblico ministero Laura Vaccaro al processo che li vede sotto accusa per abuso d’ufficio.

La vicenda skipper salta fuori nel settembre 2009 grazie alle telecamere di Striscia la notizia, il tg satirico di Canale5. La giornalista Stefania Petyx, scopre che Cammarata è proprietario di una barca ormeggiata all’Acquasanta. Ad occuparsi dell’imbarcazione è Alioto, che di mestiere dovrebbe fare l’operaio della Gesip. Dovrebbe, appunto, perché per stare a bordo si sarebbe assentato dal posto di lavoro.

E così Cammarata e Alioto finisicono sotto processo. All’udienza preliminare viene condannato a due anni, con il rito abbreviato, l’ex direttore della Gesip, Giacomo Palazzolo, accusato anche lui di abuso d’ufficio perché non avrebbe controllato l’effettiva presenza dell’operaio nella sede di Casa natura, all’interno del parco della Favorita.

I filmati di Striscia la notizia, acquisiti agli atti dell’indagine, mostravano pure Alioto mentre prendeva accordi con i clienti per noleggiare la barca – in nero – a professionisti e imprenditori, stimati e conosciuti in città. Alcuni di loro lo hanno confermato in aula che mentre Alioto risultata in servizio, dal 2 al 5 luglio 2009, veleggiava sui mari siciliani. Circostanza che la difesa sostiene di potere smentire documenti alla mano. “Alioto, che fece da skipper – raccontò l’imprenditore Ugo Mirto – pretese il pagamento in contanti. Pagammo 1.100 euro a coppia. Eravamo in sei”. Gli agenti della sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile trovarono due fogli firma di Alioto in quel periodo. In uno risultava presente, nell’altro c’era la richiesta per due giorni di ferie non firmati dal dirigente.

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Quella del doppio lavoro non è l’unica anomalia contestata a Franco Alioto. Secondo l’accusa, infatti, l’operaio fu assunto per chiamata diretta, senza che il Comune avesse attinto a un bacino specifico, e non avrebbe avuto neppure l’obbligo di timbrare il cartellino. Di questi due aspetti riferirono in aula Giuseppe Mosca, responsabile di Casa natura, e Vincenzo Mirabile, coordinatore amministrativo dell’ufficio personale Gesip. Secondo l’accusa, si è trattato di due testimonianze decisive. “Alioto era l’unico per cui avevo il compito di siglare i fogli firma che mi portava – disse Mosca -. Lavorava nei giardini, non potevo controllare la sua presenza”.

“Francesco Alioto – aggiunse Mirabile – è stato assunto per chiamata diretta,non c’era un bacino di Lsu o di reclutamento per finalità sociali. Fu assunto come autista, poi passò allo Spo, società che gestiva i Pip dal 2004 al febbraio 2009. Poi venne trasferito a Casa natura su sua formale richiesta. I dipendenti di Casa natura timbravano il badge nel vivaio comunale, cosa che Alioto non ha mai fatto. Il direttore Giacomo Palazzolo gli disse di continuare a firmare così come faceva prima”.  “Andavo sulla barca solo quando finivo di lavorare o con permessi. Non sono un assenteista”, si è sempre difeso Alioto.

Diego Cammarata, dal canto suo, preferisce non rilasciare dichiarazioni. Si limita a dire “resto sereno per quanto acquisito come prove documentali e testimoniali nel dibattimento. Per riguardo e rispetto di tutti non ritengo di dovere rilasciare alcuna dichiarazione tranne che ribadire la mia serenità. Per me parlerà il mio avvocato in aula, unico logo deputato a ricevere le nostre tesi difensive”.

La parola passa, dunque, all’avvocato Giovanni Rizzuti. Poi, a fine febbraio, la sentenza.

 

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18 Febbraio 2013, 14:25

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