Il caso Fragalà spacca gli avvocati | “Difendo un indagato, ecco perché”

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12 Aprile 2017, 06:00

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PALERMO – “Mi spieghino dove è scritto che non possa difendere un indagato per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Mi spieghino quale sia il mio errore professionale, magari lo comprenderò e farò un passo indietro”.

L'avvocato Michele Giovinco

Fino ad allora Michele Giovinco è e resterà uno dei difensori di Francesco Arcuri, tra i sei indagati per l’omicidio del penalista palermitano barbaramente pestato a morte. Su Arcuri pesa il sospetto che sia stato il mandante del pestaggio. Un commando, così sostiene l’accusa che ha retto al vaglio del Tribunale del Riesame, che entrò in azione in via Nicolò Turrisi. A farne parte uomini del clan mafioso del Borgo Vecchio. L’avvocato sarebbe morto in ospedale dopo alcuni giorni di agonia.

Il dibattito fra i penalisti palermitani continua a restare acceso nei corridoi e nelle aule del Palazzo di giustizia. Due giorni fa, per ultimo, l’avvocato Anthony De Lisi, durante una riunione della Camera penale, è stato netto: “Un nostro iscritto non può difendere le persone accusate di avere ucciso Enzo. I colleghi che sceglieranno di assistere questi imputati abbiano la sensibilità di sospendersi o cancellarsi dalla Camera penale”.

Giovinco ha già deciso che difenderà Arcuri e non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. Perché? “Perché il diritto di difesa è garantito al cittadino dalla Costituzione. Così come il garantismo, che dovrebbe contraddistinguere la classe forense, non deve essere solo ostentato e mal praticato. In questa fase, proprio perché non è neanche iniziato il processo, non è possibile avanzare giudizi di innocenza o colpevolezza, anche se ho le mie convinzioni processuali, mi limito a valutare il materiale probatorio”.

Difensore di un imputato accusato di avere ucciso un collega. Giovinco tiene per sé le valutazioni di pancia e quelle dettate dal cuore. Si spoglia dei sentimenti che ciascuno prova, rispetta e comprende lo stato d’animo di chi è stato amico di Enzo Fragalà. Giovinco indossa, sempre e comunque, la toga: “Ho difeso imputati accusati di avere assassinato poliziotti e carabinieri. Ho difeso imputati per l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e del presidente Piersanti Mattarella e il problema non è stato posto. E neppure nel giudizio contro chi ha barbaramente assassinato il piccolo Giuseppe Di Matteo. Gli imputati di allora erano difendibili e quelli di oggi non lo sono? Nessuno ha mai avanzato remore sulla terzietà di magistrati che hanno indagato e giudicato sugli omicidi dei colleghi. Perché oggi una valutazione diversa per l’avvocato?”

In questi giorni si è detto che l’uccisione di Fragalà possa avere rappresentato un messaggio per l’intera classe forense. Secondo magistrati e carabinieri, il movente del delitto sarebbe da ricercare nelle strategie difensive adottate da Fragalà che faceva rendere dichiarazioni ai suoi assistiti imputati per reati collegati a Cosa nostra. “Io non entro nel merito delle ipotesi investigative, lo farò nella sede processuale – precisa Giovinco -. Bisogna però sgombrare il campo dall’equivoco, anche lontanamente, di particolari immunità per gli avvocati, come se avessero un canale privilegiato di dialogo con la criminalità. Non bisogna cadere nell’errore di ritenere che il problema non riguardi la nostra categoria e limitarlo a magistrati e forze dell’ordine”.

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12 Aprile 2017, 06:00

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