Il Caso Speziale diventa un libro |Nastasi: “La Giustizia sia giusta”

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14 Ottobre 2013, 12:53

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CATANIA – “Lo Stato aveva tutto il dovere di reagire davanti alla morte di un poliziotto: Raciti doveva vivere”. Simone Nastasi, giornalista romano e autore del saggio Il Caso Speziale (Bonfirraro Ed. 2013), non ha dubbi. Almeno sotto il profilo morale. Le incertezze e i dubbi emergono invece rispetto ad alcune delle tappe del processo che hanno portato alla condanna definitiva ad otto anni di reclusione, con l’accusa di omicidio preterintenzionale, del tifoso catanese Antonino Speziale. “Non si può morire per una partita di calcio, lo ripeterò all’infinito, ma la Giustizia – chiarisce Nastasi- la si deve ottenere con i giusti mezzi. La certezza della pena – spiega- deve essere sempre giustificata in sede processuale dalla certezza della colpa. Non si può fare giustizia sommaria perché si devono dare delle risposte ad un fatto grave. La Giustizia – chiosa l’autore- ha il dovere di essere giusta”.

“Il mio libro dunque – spiega Nastasi a LiveSiciliaCatania – non vuole essere né un testo sociologico, né un trattato della storia del movimento ultras. Chi cerca questo resterà sicuramente deluso. Mi sono voluto preoccupare, invece, di raccontare la storia di un processo, attenendomi ai fatti, ai singoli atti, ed evitando di fornire valutazioni personali o giudizi. Ci sono però dei dubbi che, a mio avviso, era importante portare alla conoscenza dei lettori”. Una finalità che è implicita al sottotitolo del saggio, “cronaca di un errore giudiziario”. Una scelta editoriale che, come rivela lo stesso autore, vuole suonare come “una provocazione”, utile a fare informazione: “Sì, questa espressione è stata coniata dall’avvocato Lipera e l’ho voluta fare mia. É l’unica valutazione di stampo giornalistico, sia chiaro, che mi sono voluto concedere. Studiando le carte -argomenta l’autore- non ho potuto non notare come Speziale sia stato scarcerato due volte per la debolezza dell’impianto accusatorio: questo a mio avviso va detto. Che ci sia stata una perizia dei Ris, richiesta dal Gip, che stabilisce come il sottolavello non sia l’arma del delitto, va raccontato. Da qui – sottolinea Nastasi -nascono i dubbi. C’è poi una duplice sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato a suo tempo l’ordinanza di custodia cautelare. La prima volta – argomenta l’autore del libro- la Suprema Corte lo fa con un rinvio, ovvero chiedendo all’accusa di riformulare il proprio impianto attraverso accuse più consistenti. La seconda volta, invece, annulla direttamente l’ordinanza senza ulteriori rinvii. In sostanza – continua- venne stabilito in quella fase che l’arresto non era giustificato perché le accuse erano deboli. Tutti questi passaggi – riferisce Nastasi- sono spiegati pedissequamente nel libro. Ho voluto inoltre che parte della documentazione venisse pubblicata anastaticamente affinché – conclude l’autore- le fonti del Processo siano trasparenti e accessibili a chiunque”.

“L’autore è stato bravo, elegante e onesto intellettualmente. Si è attenuto ai fatti: bisogna riconoscerlo”. Questo è il giudizio secco dell’avvocato Giuseppe Lipera sulla ricostruzione dei fatti processuali condotta da Simone Anastasi. Intanto, però, la vicenda giudiziaria di Speziale continua nelle aule di tribunale. Dopo il rigetto dell’istanza di revisione del processo, dichiarata inammissibile dalla Corte d’appello di Messina, Lipera ha annunciato il ricorso in Cassazione: “Siamo in attesa – fa sapere a LiveSiciliaCatania- che sia fissata l’udienza”. Tuttavia, resta nelle parole del legale del tifoso catanese, l’amarezza per gli esiti del processo: “Quella subita dal mio cliente è una ingiustizia palese, troppo palese. Questo processo è iniziato male. Qualcuno si convinse, spero in buona fede, che le cose fossero andate così. Punto. Non è stato possibile smontare una convinzione così radicale. Il criminologo Altavilla, all’inizio del secolo, definiva questo atteggiamento ‘l’ostinazione del magistrato inquirente’. Certo è – continua Lipera- che la pena che deve scontare Speziale è evidentemente figlia di un compromesso. Si possono dare sei anni di carcere per un omicidio simile, fatto per altro da un minorenne? Mi pare chiaro – conclude il noto penalista catanese- che ci sia stato un compromesso tra chi lo riteneva assolutamente innocente e chi colpevole al cento per cento”.

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14 Ottobre 2013, 12:53

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