10 Marzo 2010, 18:46
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“Operazione Paesan Blues”
Oggi, a Palermo, Miami e New York, investigatori del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Palermo e del F.B.I. hanno portato a termine una congiunta operazione di polizia (denominata “Paesan Blues”) nei rispettivi versanti, con la cattura di numerosi indagati che dovranno rispondere – a titolo diverso – dei delitti di associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, reati contro la persona e contro il patrimonio, riciclaggio di proventi illeciti, traffico di valuta falsa ed altri gravi reati. L’operazione si inserisce in un protocollo investigativo, denominato “Progetto Pantheon”, sottoscritto tra la Direzione Centrale Anticrimine e il Quartier Generale del l’F.B.I., nel maggio del 2005, per contrastare la criminalità transazionale in Italia e negli Stati Uniti d’America. Le congiunte inchieste giudiziarie sono state coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, che ha agito in stretto raccordo con i competenti Distretti Giudiziari di Miami e New York.
L’importante operazione internazionale costituisce l’epilogo di complesse indagini – anche di natura tecnica – svolte in ordine ai rapporti tra “cosa nostra” palermitana e quella americana, contesto nel quale, come si ricorderà, già nel febbraio del 2008 furono eseguiti altri provvedimenti restrittivi, in Italia e negli USA, a carico di esponenti delle due organizzazioni criminali (operazione “Old Bridge”). Gli arrestati di oggi sono personaggi di vertice dei due sodalizi criminali, entrambi impegnati, tra le altre cose, nel tentativo di sviluppare ulteriori canali di comunicazione per la realizzazione di attività illecite. Le indagini hanno, infatti, consentito di individuare collegamenti strutturali tra l’importante famiglia mafiosa palermitana di “Santa Maria di Gesù” con mafiosi americani di assoluto profilo appartenenti alle cosche “Gambino” e “Colombo”di New York, con propaggini per quest’ultima “famiglia” a Miami. La conclusione della congiunta operazione ha visto il concorso di squadre investigative miste che hanno operato, oltre agli arresti, numerose perquisizioni domiciliari a Miami, a New York e a Palermo. Sono stati impegnati oltre duecento uomini della Polizia di Stato e del F.B.I.
Le indagini sul versante italiano
Le attività d’indagine hanno permesso di ricostruire l’organigramma, le strategie e le dinamiche della famiglia di “Santa Maria di Gesù” impegnata nel tentativo di occupare ambiti sempre più ampi a fronte degli attuali, instabili assetti che qualificano “cosa nostra” palermitana, duramente colpita, in questi anni, con operazioni di polizia di straordinaria rilevanza, quali le catture, succedutesi nel tempo, dei boss Bernardo Provenzano, Salvatore Lo Piccolo ed il figlio Alessandro, Domenico Raccuglia e Giovanni Nicchi, questi ultimi recentemente arrestati dopo un periodo di significativa latitanza. Nella nuova situazione venutasi a creare, le famiglie mafiose, ed in particolar modo quella di “Santa Maria di Gesù”, hanno avvertito la necessità di rimodulare le proprie dinamiche, prefigurandosi nuove opportunità criminali ed estendendo, così, la propria azione non solo sul territorio di origine, ma anche oltre confine.
Sul territorio palermitano, la famiglia di “Santa Maria di Gesù”, seppur colpita, nel tempo, nei gangli vitali della sua struttura, è considerata storicamente una delle più autorevoli ed importanti di “cosa nostra”.
Le indagini, avviate nel 2008 dopo l’operazione Old Bridge, hanno permesso di comprendere come la famiglia mafiosa in questione, nel “vuoto di potere” maturato in seno a “cosa nostra”, abbia cercato di recuperare spazi criminali più estesi, imponendo le proprie linee militari. Infatti, tale gruppo criminale si è reso responsabile di gravi delitti, con la finalità di affermare la propria egemonia, tentando di condizionare, in primis, il regolare andamento economico dell’area palermitana, attraverso una forte e violenta pressione estorsiva in danno di commercianti locali. Le estorsioni sono state perpetrate con incendi, con danneggiamenti, nonché attraverso il sistema consolidato dell’applicazione della colla attak. In tale contesto, sono maturati anche “raid” punitivi nei confronti di coloro che non si sono allineati alle decisioni del gruppo. È il caso del tentato omicidio di Gioacchino Stassi, pregiudicato locale, ferito da cinque colpi di arma da fuoco agli arti inferiori; fatto commesso a Palermo il 28 agosto 2009. Ciò a conferma della pericolosità del sodalizio in menzione.
Nondimeno, la famiglia di “Santa Maria di Gesù” è stata attivamente impegnata nella realizzazione di consistenti traffici di narcotico, per la successiva immissione sul mercato palermitano; momento, questo, ineludibile per procacciare ricchezza indebita i cui proventi confluivano nelle “casse” dell’organizzazione. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati significativi quantitativi di cocaina ed hashish reperiti in Calabria.
Tra i destinatari degli odierni provvedimenti restrittivi figurano “uomini d’onore” attualmente al vertice della famiglia mafiosa di “Santa Maria di Gesù”, tra cui l’esponente storico Gioacchino Corso, soprannominato “Ino”1, ed il fratello Gianpaolo, i cui trascorsi, personali e giudiziari, si intrecciano con le vicende criminali del territorio palermitano. Attuale vertice “decisionale” della famiglia mafiosa in argomento, “Ino” e Gianpaolo Corso sono stati sostenuti nella gestione del gruppo criminale da altri esponenti di rilievo di “Santa Maria di Gesù”, quali Giuseppe Lo Bocchiaro2, “braccio operativo” dell’organizzazione, e Pietro Pilo3, soprannominato “u billi”, quest’ultimo con responsabilità fiduciarie legate alla gestione della “cassa”.
Ai Corso e a Lo Bocchiaro, attualmente, fanno capo un folto numero di soggetti, anche di giovane età, obbedienti alle rigide linee dell’organizzazione e dediti a molteplici, gravi delitti, caratterizzati da elevata pericolosità sociale. In detti ambiti investigativi, sono emersi i peculiari rapporti intrattenuti oltreoceano. In particolare, nel corso delle attività sono stati riscontrati costanti rapporti tra gli esponenti di vertice dell’organizzazione palermitana con Roberto Settineri, personaggio palermitano da tempo dimorante a Miami, collegato alle famiglie “Gambino” e “Colombo” di New York, il vero “anello di collegamento” tra i due versanti, quello italiano e quello statunitense.
Non a caso, Roberto Settineri è colpito da un doppio provvedimento restrittivo, emesso in Italia e negli USA, per rispondere, sul territorio italiano, del delitto di associazione mafiosa, e sul territorio americano per il reato di riciclaggio di denaro sporco. In tale contesto, significativi i sistematici viaggi di Gianpaolo Corso in New York e Miami, dove si incontrava con Roberto Settineri, nonché le “trasferte” di quest’ultimo a Palermo per relazionarsi, oltre che con i fratelli Corso, anche con altri esponenti mafiosi delle famiglie di Pagliarelli e di Brancaccio. Nella Grande Mela, i fratelli Corso sono legati da vincoli di affinità con la famiglia Lo Verde. Le frequentazioni del Settineri, invece, a Palermo, per quanto emerso dalle indagini, erano improntate a sostenere proprio le dinamiche di “cosa nostra” palermitana, da un lato prendendosi cura anche di aspetti ad essa interni, dall’altro ponendosi come “protagonista” di iniziative imprenditoriali a carattere internazionale, sulla cui liceità gli inquirenti nutrono forti sospetti.
Relativamente al primo punto, il Settineri avrebbe agevolato, in qualche modo, la latitanza di un grosso esponente mafioso (Antonio Lo Nigro) ed esercitato l’attività di mediazione direttamente con i capi della famiglia di “Santa Maria di Gesù” a favore di un soggetto a lui vicino sottoposto ad una pressione estorsiva riconducibile al gruppo criminale in argomento, forte della sua autorevole entratura in “cosa nostra” palermitana.
In ordine, invece, al secondo aspetto, il Settineri si è reso promotore di trattative nel settore immobiliare, per ingenti importi, che interessavano il capoluogo palermitano, nonché Miami e New York, con la ragionevole finalità di operare transazioni economiche, da proiettarsi persino in Medio Oriente. Si è così sviluppato un canale di comunicazione tra le due sponde dell’Atlantico con l’obiettivo di promuovere accordi illeciti. Per questa ragione, proprio per sottrarre tali opportunità, che avrebbero rafforzato l’organizzazione mafiosa nelle sue proiezioni di carattere economico, si è resa necessaria una prima fase di intervento che, con l’operazione “Paesan Blues”, recidesse il collegamento avviato nei rispettivi versanti. I provvedimenti cautelari odierni, peraltro, seguono la cattura di Giovanni Nicchi, del quale vennero accertati viaggi in America negli anni 2003-2004, assieme ad altri autorevoli rappresentanti di “cosa nostra”, tra cui uomini di fiducia di Bernardo Provenzano, finalizzati ad instaurare contatti con membri della famiglia “Gambino” di New York, per sfruttare mercati criminali oltreoceano, relazionandosi con Frank Calì, quest’ultimo tratto in arresto nel corso dell’operazione “Old Bridge”.
Le indagini sul versante americano
Le indagini sul fronte americano hanno permesso al F.B.I. di meglio delineare alcuni ruoli esercitati all’interno della famiglia “Gambino”, nonché di comprendere le dinamiche tra la menzionata famiglia mafiosa e quella dei “Colombo”, sempre di New York, contesti nei quali ha agito Roberto Settineri ed altri soggetti collegati. Le acquisizioni probatorie raccolte hanno consentito oggi di catturare tre esponenti di vertice della famiglia “Gambino”: Gaetano Napoli, insieme ai figli Gaetano Junior e Thomas, responsabili per i reati di estorsione, usura, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, intralcio alla giustizia ed altri gravi delitti. Soggetti con i quali il Settineri aveva sistematici rapporti. In tale contesto, dalle indagini svolte dal F.B.I., la famiglia Napoli è risultata aver investito capitali di provenienza illecita in prestiti ad usura ad un imprenditore di origine italiana, minacciandolo pesantemente di gravi ritorsioni, allorquando questi non era più riuscito a far fronte agli ingenti interessi a tasso usurario.
Sono stati riscontrati anche altri rapporti tra Roberto Settineri ed affiliati di vertice della famiglia “Gambino” di New York, facenti capo al potente boss Nicholas “Little Nicky” Corozzo, dai quali è emerso il ruolo di rilievo del Settineri nel tessuto mafioso in questione. Al punto tale che, nell’ambito di tali relazioni, è stata registrata l’importante “azione di mediazione” di Gaetano Napoli (in qualità di rappresentante della famiglia “Gambino” di New York) intervenuto a sostegno di Roberto Settineri (su richiesta di quest’ultimo) in una delicata “controversia” sorta fra il Settineri ed un esponente della famiglia dei “Colombo”, Reynold Maragni, operante in Florida. Circostanze queste che confermano la capacità di infiltrazione di Roberto Settineri in “cosa nostra” americana, oltre alla sua appartenenza a “cosa nostra” palermitana. A Miami, nel medesimo ambito, sono stati catturati altri quattro soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di riciclaggio ed intralcio alla giustizia. Tra questi, oltre a Roberto Settineri, responsabile di aver “ripulito” somme di denaro provenienti dal traffico di droga, è annoverato anche un altro soggetto italiano, Antonio Tricamo, indagato per i medesimi delitti; episodi tutti avvenuti negli Stati Uniti d’America. Quest’ultimo, “braccio destro” di Roberto Settineri, tra maggio e luglio decorsi, ha concorso, a pieno titolo, nelle attività delinquenziali del predetto. Gli altri due arrestati di Miami, Enrique Ros e Daniel Dromerhauser, sono ritenuti anch’essi “uomini di fiducia” del Settineri, che lo hanno coadiuvato nelle attività di reinvestimento di capitali illeciti.
Più in generale, “cosa nostra” in America, e principalmente a New York, è rappresentata dalle famiglie “Gambino”6, “Colombo”7, “Bonanno”8, “Genovese”9 e “Lucchese”10. La loro operatività criminale si estende prevalentemente ai traffici di droga, alle estorsioni, alla gestione di appalti, all’usura, alle scommesse clandestine, al gioco d’azzardo, al controllo di casinò, al riciclaggio, al traffico d’armi, nonché allo sfruttamento della prostituzione. Le indagini hanno evidenziato, infine, la presenza di propaggini della cosca “Colombo” di New York a Miami, nell’ambito di una stretta e consolidata alleanza con la famiglia “Gambino”. Non a caso, come menzionato, è intervenuto un autorevole esponente della famiglia “Gambino” a dirimere questioni riconducibili al Settineri, frutto di qualche divergenza maturata nei rapporti con esponenti della famiglia “Colombo”, operanti in Florida.
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10 Marzo 2010, 18:46