Il confronto in aula | Giunta: “Mi sento perseguitato”

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26 Gennaio 2014, 16:13

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PALERMO –  “Sono stanco, mi sento perseguitato e poco sereno”. Ha l’amaro in bocca lo chef antiracket Natale Giunta dopo la decisione del Tribunale di Palermo che ha disposto il faccia a faccia in aula con uno dei suoi presunti estorsori, Maurizio Lucchese. Alla base di quanto stabilito dai magistrati, ci sarebbero delle incongruenze nel racconto dello chef che nel marzo 2012 ha denunciato gli esattori del pizzo, facendoli finire in cella. Giunta a LiveSicilia dice di essere “stanco di saltare da un’aula di giustizia ad un’altra” e ribadisce poi il suo concetto: “Ho tanta fiducia nella magistratura, ma questa è una tortura mediatica e personale. Quando mi ha chiamato il mio avvocato mi è crollato il mondo addosso. Dovrò ancora una volta guardare negli occhi chi mi odia, chi odia la mia famiglia. E’ gente che ho mandato in carcere, nei confronti della quale dovrei essere tutelato. Invece devo incontrarla, testimoniare ancora una volta contro, come se tutto quello che avessi già fatto di mia spontanea volontà non fosse sufficiente”.

Lo sfogo di Giunta prosegue ed entra nel personale: “Vorrei condurre una vita tranquilla, nella consapevolezza che dopo essere andato con le mie gambe dai carabinieri a denunciare chi voleva rovinarmi l’esistenza, potrò un giorno essere tranquillo. Invece no. Le giornate mie e dei miei familiari devono essere periodicamente sconvolte da decisioni che mi provocano continui sbalzi d’umore che mi hanno ormai tolto la serenità”.

La vicenda giudiziaria che riguarda lo chef prevede inoltre, prima della prossima udienza, la decisione sulla ricusazione del collegio presentata dagli avvocati Giovanni Castronovo e Nicolò Riccobene, legali di Giovanni Rao, un altro degli imputati. Secondo i legali, i giudici, pronunciandosi sulla revoca delle misure cautelari avanzate dalla difesa, hanno “manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione”. “Questo confronto – aggiunge lo chef – può aprire la strada ad altri. Un percorso infinito iniziato due anni fa che non trova ancora un punto. Pensare di dover ricominciare da zero mi sconforta, non mi fa assolutamente tornare sui miei passi, ma di certo non posso biasimare chi ci pensa mille volte prima di denunciare. Assistere a procedimenti così lunghi e lenti non è incoraggiante per gli imprenditori che si trovano nella situazione in cui ero io”.

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Per quanto riguarda gli altri imputati, lo scorso 7 dicembre il pubblico ministero Caterina Malagoli ha chiesto rispettivamente sette anni di carcere per Antonino Ciresi e sei anni ciscuno per Alfredo Perricone e Giuseppe Battaglia, accusati di tentata estorsione, minacce e danneggiamenti ai danni dello chef Natale Giunta. La sentenza però slitterà; il gup Giuliano Castiglia ha infatti emesso un’ordinanza con cui dispone ulteriori accertamenti su una conversazione telefonica che sarebbe avvenuta tra lo stesso chef e due degli imputati. Secondo l’accusa Ciresi sarebbe l’estortore che materialmente avrebbe chiesto la “messa a posto” al ristoratore insieme a Rao. Perricone e Battaglia, invece, avrebbero finto di consigliare in modo “amichevole” di pagare il pizzo allo chef, che con l’appoggio di Confindustria e Libero Futuro, ora parti civili con lui nel procedimento insieme al centro Pio La Torre, Addiopizzo e Fai, ha ribadito il suo “no” ai presunti estorsori.

Lucchese, con il quale è stato disposto il confronto in aula, avrebbe invece fatto da “mediatore”. “Ho testimoniato, riconosciuto queste persone, le ho indicate con esattezza, mi sono esposto, adesso farò un confronto in aula – dice Giunta – ma non so quando avrò pace e serenità. Capisco che anche loro devono difendersi, ma io sono stato vittima di un meccanismo terribile, perché devo sentirmi colpevole? Vorrei apparire sui giornali per la mia attività, per il mio lavoro che mi rende felice. Invece non appena riacquisto un po’ di tranquillità, questa mi viene immediatamente tolta”.

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26 Gennaio 2014, 16:13

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