23 Aprile 2012, 17:37
3 min di lettura
L’incontro candidati a sindaco di Palermo e la comunità Lgbt (lesbica, gay, bisessuale e trans) non è stato certo tra i più sereni. Anzi. Un’imprevista entrata in scena di uno degli spettatori è costata a Fabrizio Ferrandelli pure uno schiaffo.
Prima che il dibattito organizzato a Villa Filippina dall’Arcigay, in collaborazione con LiveSicilia.it, potesse cominciare, infatti, Gaetano D’Amico, storico militante dei Radicali, e leader del comitato “Esistono i diritti”, ha iniziato a urlare ai piedi del palchetto, sul quale poi è riuscito a salire. Dopo aver tentato di impossessarsi del microfono si è avvicinato al candidato colpendolo in pieno volto. D’Amico, fatto scendere dal palco dagli uomini della Digos, si è poi buttato a terra per non farsi portare via. A quel punto è stato trascinato per un braccio per qualche metro, fino a raggiungere gli archi di villa Filippina e consentire all’incontro di riprendere.
“L’avversione di D’Amico nei confronti di Fabrizio – spiega Luigi Carollo, portavoce del movimento Lgbt a Palermo – nasce dall’approvazione da parte del consiglio comunale di una legge sulle unioni civili. Per essere applicata, aveva però bisogno di un mandato d’azione presso la Regione che non è avvenuto, perché è stato bloccato in commissione. Un fatto su cui il comune non ha nessuna responsabilità. Personalmente dubito che il suo comportamento di oggi avesse uno sfondo politico. Mi stupisce però che non sia arrivata la solidarietà immediata dagli altri candidati”.
“Condanno ogni forma di violenza, non commento la vicenda e porgo l’altra guancia” dichiara Ferrandelli, che sposta l’attenzione sulle consultazioni del 4 marzo e sulla candidatura di Orlando: “Durante questa campagna elettorale – dice il candidato Pd e Sel – ho ricevuto schiaffi morali, ben più pesanti come quello del mancato riconoscimento del risultato delle primarie”.
Ma sul tema delle unioni civili, durante il dibattito, moderato dal giornalista Claudio Reale, è proprio Ferrandelli ad essere applaudito, quando dichiara di essere stato lui il primo firmatario della legge comunale. “Palermo aderirà al Ready” continua il consigliere comunale, una rete tra le amministrazioni contro le discriminazioni sull’orientamento sessuale.
Più pragmatica si definisce, invece, Marianna Caronia. L’ex assessore alle pari opportunità, che si dichiara contraria alle unioni di fatto a causa della sua fede religiosa, ha però intenzione di “stralciare l’articolo 3 di un precedente decreto legge – dice – e presentarlo come emendamento prima che l’assemblea venga sciolta, in modo da permettere la parità di trattamento e assistenza alle famiglie convenzionali a livello sanitario”.
Favorevole alle unioni di fatto si dice Riccardo Nuti, candidato dei Grillini, che annuncia la volontà di istituire un osservatorio sulle discriminazioni sessuali. Ma non sono mancati altri momenti di tensione – seppur molto più lievi – con il pubblico.
A suscitare la curiosità degli spettatori sono state le considerazioni di alcuni candidati sulla possibilità che Palermo ospiti il pride nazionale 2013. “Le manifestazioni devono svolgersi nel rispetto degli altri e delle famiglie. Non credo sia necessario sfilare senza abiti o con striscioni provocatori”, dice Annalisa Riggio, assessore designato da Alessandro Aricò alle politiche sociali.
Un “appello alla sobrietà” arriva anche da Marianna Caronia, che afferma come “sarebbe auspicabile il rispetto per chi assiste” al corteo. “La tolleranza – continua la candidata – va osservata sia nei vostri confronti, sia da parte vostra verso chi ha un altro punto di vista”.
Secondo Giuseppe Mauro di Alleanza di Centro, invece, il “sostegno è assoluto”, mantenendo però “la massima correttezza da parte di entrambi e il rispetto reciproco”. Da Riccardo Nuti, Ferrandelli e Leoluca Orlando arriva invece un sì deciso alla manifestazione dell’orgoglio Lgbt. “Sarà l’amministrazione a dover essere sobria, senza calpestare i diritti dei cittadini” sottolinea l’ex sindaco.
“Una nazione dovrebbe fondarsi sulla laicità” è il commento finale di Paolo Patanè presidente di Arcigay nazionale, presente anche lui al dibattito. “E’ in nome della laicità – dice Patanè – che si scardina qualsiasi approccio ideologico. All’estero gli omosessuali e i trans non sono né di destra né di sinistra, appartengono a tutti. All’estero il pride è un’opportunità”.
Pubblicato il
23 Aprile 2012, 17:37