Il crac della compagnia Lts| Tre condanne e tre assoluzioni

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26 Ottobre 2012, 16:35

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PALERMO – Si conclude con tre condanne, altrettante assoluzioni e due sentenze di non luogo a procedere per prescrizione il processo sulla bancarotta fraudolenta della Lts. La compagnia telefonica siciliana nel 2002 crollò sotto il peso di 37 milioni di euro di debiti. Centinaia di persone persero il lavoro.

Il Tribunale di Palermo, presieduto da Pasqua Seminara, ha inflitto nove anni di carcere a Giuseppe Giudice. Tre anni e mezzo ciascuno hanno avuto Fatima Panah e Valter Franco Del Vecchio. Assolti Giuseppe Mauro, Antonio Genchi ed Enrico Mercurio. Prescritta la posizione di Giuseppe Luongo e Antonino Santonocito (assistiti dagli avvocati Franco Coppi e Francesco Bertorotta)

La vicenda giudiziaria della Lts inizia nel 2002 quando sul tavolo dei pubblici ministeri Calogero Ferrara e Francesca Mazzocco finisce un esposto dei sindacati che segnalano le prime avvisaglie del naufragio del sogno di creare una società capace di conquistare una fetta del mercato regionale per poi puntare sul resto d’Italia. I rappresentanti dei lavoratori svelano che il vero proprietario dell’azienda è Giuseppe Giudice. Per due anni si è nascosto dietro la compagna Fatima Panah. Segnalano uno strano e vorticoso giro di società e denaro, mentre i dipendenti restano senza stipendio. Dalle indagini viene fuori che alcuni crediti della Lts sarebbero finiti sui conti della società Vodatech, dove la Panah, cugina dello scià di Persia, ha versato una parte del capitale sociale. Si scopre pure che Giudice, figlio dell’ex generale della Guardia di Finanza Raffaele, iscritto alla P2 e coinvolto in alcuni scandali giudiziari, ha aperto la società Vodacom Paramount con l’obiettivo, secondo l’accusa, di appropriarsi della concessione per l’esercizio della telefonia rilasciata a Lts.

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Nell’inchiesta finiscono Giuseppe Mauro, ultimo amministratore delegato di Lts, e Valter Franco Del Vecchio, amministratore della Gps, società che rilevò nel 2001 la compagnia. “Da dieci anni vengo messo alla gogna – spiega Mauro, candidato a sindaco alle ultime amministrative di Palermo e oggi in corsa alle regionali con il Mpa -. Ho avuto fiducia nella magistratura e oggi posso dire che esiste una giustizia giusta”. Secondo l’accusa, che non ha retto al vaglio dei giudici, Mauro, allora finito agli arresti domiciliari, avrebbe trasferito parte dei beni della Lts in un magazzino al piano terra del palazzo che ospitava la compagnia telefonica. E non solo: Mauro era accusato di avere creato, insieme con il carabiniere Enrico Mercurio, la Cis, un’agenzia di recupero crediti con il solo intento di mettere le mani sui crediti dei clienti: unico cespite attivo del fallimento.

Il direttore generale di Lts Bueno Santana e l’amministratore delegato Marco Ciancaglini avevano giù patteggiato una condanna.

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26 Ottobre 2012, 16:35

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