29 Settembre 2014, 05:02
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CATANIA- Entra nel vivo il dibattimento del processo a carico di Mario De Felice, ex assessore di Umberto Scapagnini e imprenditore del settore della sicurezza arrestato nel 2012 con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Già componente della giunta provinciale di Confindustria e componente del Cda del Mercato agroalimentare catanese, De Felice si è detto sempre estraneo alle accuse, sottolineando di essere stato vittima di un amministratore che, a partire dal 2007, ha preso le redini de La Celere.
Un processo poderoso, che vede in campo 25 parti civili, che comprendono anche dipendenti de La Celere. In campo ci sono avvocati catanesi di primissimo piano: Mario Brancato che assiste De Felice e Tommaso Tamburino, che difende la curatela fallimentare.
Analizzando in filigrana i conti de La Celere, gli investigatori della Guardia di Finanza, guidata ai tempi dal colonnello Francesco Gazzani e gli uomini della Tributaria di Giancarlo Franzese, hanno dimostrato che mentre la società si avviava al fallimento, De Felice sarebbe stato protagonista di uno “spostamento” di fondi per utilizzi personali.
Il capo principale di indagine vede Mario De Felice imputato di bancarotta nella qualità di amministratore unico de La Celere Srl fino al 2007, società che avrebbe continuato a gestire anche successivamente, quale “gestore di fatto”. La Celere è stata dichiarata fallita con un passivo di 11.470.000 euro “costituito prevalentemente -hanno ricostruito i finanzieri- da debiti nei confronti di lavoratori dipendenti della Serit Spa, a fronte di un attivo pari a circa 2000 euro, distraeva, dissipava e occultava i beni sociali prima della dichiarazione di fallimento”.
Mario De Felice è accusato di bancarotta patrimoniale in concorso con la moglie Giovanna Genovese, nella qualità di amministratore unico della Celere Srl, perché nel 2005 avrebbe stipulato, con la Locafit Spa, un contratto di locazione finanziaria di 5milioni di euro, costituendo un credito nei confronti della Red Fish Cruises Srl, società che secondo gli investigatori sarebbe “interamente riconducibile a De Felice e ai suoi famigliari, per la gestione della motonave “Lady Giò”. Il peso della rata di finanziamento lo assumeva la Celere Srl “senza garanzia né vantaggio”.
L’ex assessore avrebbe utilizzato risorse del corpo di vigilanza “per spese e interessi personali”, distraendo “la liquidità giacente nelle casse”. Le indagini della Guardia di Finanza hanno ricostruito lo scenario che avrebbe portato al fallimento la società di De Felice. Nel 2006 e 2007, in concorso con la moglie, De Felice avrebbe trasferito la titolarità di contratti di vigilanza ancora in corso e i “mezzi strumentali” della Celere Srl, alla Celere Technology Srl, società intestata ai suoi famigliari. In questo modo, il consorzio di vigilanza poi fallito, sarebbe stato “privato” di ricavi per un milione di euro l’anno e delle attrezzature per la vigilanza fissa, tutto a fronte di un corrispettivo di 51mila euro.
Sempre nel 2007, nonostante che il bilancio fosse in perdita per 1.800.000 euro, senza aumento di capitale, De Felice, “proponendo un’infondata istanza di transazione” avrebbe “cagionato con dolo il fallimento della società”. In questo modo sarebbero aumentati i crediti del personale dipendente e gli interessi passici connessi ai debiti tributari.
Numerosi capi d’indagine sono dedicati alle scritture contabili della Celere Srl, che sarebbero state tenute “in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti di affari della società fallita”. Sarebbero stati inseriti, tra l’attivo circolante, crediti esigibili per 1.200.000 euro, ma si trattava di “obbligazioni già estinte delle quali De Felice aveva omesso di contabilizzare i pagamenti”.
Non sarebbero stati contabilizzati i pagamenti di fatture per 1.135.000 euro, sarebbe stata “simulata” una consistenza di cassa contanti da 242mila euro, non corrispondente a quella reale di 5800 euro. Stesso discorso per la cassa assegni: De Felice avrebbe simulato l’esistenza di assegni per 342mila euro rispetto ai 47mila reali.
Giovanna Genovese, moglie di Mario De Felice, è indagata per aver acquisito inizialmente la titolarità del 50% delle quote della Celere Technology Srl, società che acquistava la titolarità di contratti dalla Celere Srl al prezzo di 51mila euro a fronte di ricavi, soltanto nel 2007, per 1.067.000 euro. Da amministratore unico della 2858 Security Srl, evoluzione della Celere Technology Srl, la Genovese avrebbe “distratto” la somma di 56 mila euro “mediante bonifici e versamenti di assegni”.
Nel 2008, De Felice e la moglie, avrebbero utilizzato risorse della società La Celere pari a 56mila euro per l’aquisto di materiali edili impiegati nella ristrutturazione di appartamenti a S. Agata Li Battiati. Nel gennaio del 2009 avrebbero distratto, dalle casse della 2858 Srl, circa 100mila euro, trasferendo, “senza legittima giustificazone causale”, somme di lavoro variabile dalle casse della Celere Technology al conto corrente personale.
Giovanna Genovese avrebbe spostato 67mila euro, tra giugno e ottobre 2009, dal conto della Celere Technology, a quello della figlia Valentina De Felice. Lo stesso anno, gli investigatori hanno documentato versamenti per 380mila euro alla Edil Ahura Srl per l’acquisto di un appartamento a S.Agata Li Battiati, dei quali 106mila euro “di provenienza illecita in quanto oggetto di dismissione fraudolenta in danno dei creditori della Celere Srl”, fallita il 20 novembre del 2009 e 85mila euro “oggetto di appropriazione indebita in danno della Celere Technology”. La villa in questione, sarebbe stata intestata a Roberta De Felice, altra figlia dell’ex assessore comunale.
La tastiera elettronica “virtuale”.
Il corpo di vigilanza La Celere Srl, ha stipulato con Mario De Felice un contratto con cui l’ente, si impegnava a finanziare, per un importo di 600mila euro, la commercializzazione della tastiera elettronica “virtuale” per computer. L’accordo prevedeva la costituzione, entro il 31 dicembre del 2009, di una società che avrebbe dovuto occuparsi dell’organizzazione, logistica e commercializzazione di una tastiera elettronica virtuale, brevettata dall’imprenditore. Le somme, sono state accreditate sul conto personale di De Felice e poi “distratte” per “sostenere spese personali”.
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