Cronaca

Il debito, le minacce, il pestaggio: in tre rischiano il processo

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23 Aprile 2021, 09:43

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CATANIA – “Visto che so che registri le telefonate, te ne vai dai Carabinieri, li porti qua, e li lego insieme a te nel paraurti della macchina e ci facciamo un giro per strada”. Una frase che oltre alle minacce mostra arroganza e tracotanza nei confronti di chi indossa la divisa. È questa l’intercettazione ‘chiave’ dell’inchiesta che lo scorso anno, a gennaio, ha portato all’arresto i fratelli Carmelo e Salvatore Scafidi e Giuseppe Calcagno con l’accusa di estorsione ai danni di due imprenditori, uno dei quali ha anche subito un vero e proprio pestaggio.

Tutto è stato scatenato da un debito (di 50 mila euro) che la società ormai in liquidazione aveva nei confronti di una cooperativa che Scafidi pretendeva dovesse essere saldato. La vittima gli avrebbe detto di rivolgersi al liquidatore, ma Scafidi non avrebbe sentito ragioni e avrebbe continuato a reiterare le sue richieste con metodi – ritenuti dall’accusa – estorsivi. Addirittura si sarebbe vantato di aver chiesto l’autorizzazione “alla riscossione” al boss di Biancavilla.

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I pm Giuseppe Sturiale e Anna Minicò hanno chiesto per i tre indagati, tutti difesi dagli avvocati Francesco Messina e Pietro Scarvaglieri, il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare è stata fissata per il 18 giugno 2021 davanti al gup Andrea Filippo Castronuovo. L’associazione Antiracket di Catania, che assiste i due imprenditori vittima, ha già annunciato la costituzione di parte civile nel processo. 

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23 Aprile 2021, 09:43

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