Il declino della regina dell’antimafia | Tolta la scorta a Silvana Saguto

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17 Novembre 2016, 16:00

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PALERMO – Le era stata tolta la protezione degli uomini di scorta e la macchina blindata. Si era passati ad una normale auto di servizio con un solo agente al seguito. Ora per garantire la sicurezza del giudice Silvana Saguto si è stabilito che basta una vigilanza dinamica dell’abitazione del magistrato finito sotto inchiesta per la gestione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, da lei presieduta fino a poco più di un anno fa.

La vicenda della scorta ricalca le vicissitudini del magistrato. Per una lunga stagione è stato il simbolo della lotta ai patrimoni dei mafiosi e degli imprenditori in combutta con i boss di Cosa nostra. Poi, sono arrivate le indagini dei pm di Caltanissetta e della Polizia tributaria di Palermo a raccontare che il giudice avrebbe finito per sfruttare la sua funzione a fini personali, alimentando un sistema di consulenze e favori per amici e parenti.

Sulla decisione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato in Prefettura e sulla decisione finale del ministero dell’Interno ha pesato la “valutazione oggettiva” dei rischi corsi dal magistrato. Una decisione ponderata, di testa e non di pancia, dunque, che nulla ha a che vedere con l’indagine nissena. La conclusione è che basta la vigilanza dinamica per garantire sicurezza. Il percorso che porta al livello più basso di protezione previsto dal regolamento è stato graduale. Le valutazioni sui rischi si ripetono con cadenza semestrale.

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La scorta di Saguto, sospesa dal Csm e con uno stipendio ridotto di due terzi, era diventato un caso da Parlamento nazionale. Nell’ottobre del 2015, quando si seppe dell’inchiesta, i senatori di Italia dei Valori Alessandra Bencini e Maurizio Romani presentarono un’interrogazione affinché venisse revocata la scorta. La risposta del sottosegretario alla giustizia Federica Chiavaroli arrivò un anno dopo. Saguto aveva sì la scorta, ma con un livello di protezione più basso. E cioè una macchina non blindata e un solo agente al seguito.

Subito dopo il sequestro che ha colpito nelle scorse settimane il magistrato e da cui è emerso, ancora una volta, anche l’utilizzo della scorta come se fosse un servizio di Taxi privato, il sindacato “Palermo di Libertà e Sicurezza Polizia di Stato” si chiedeva se “in considerazione del delicato momento economico che da tempo vive il nostro Paese e dei continui sacrifici a cui sono chiamati tutti i cittadini italiani e gli appartenenti alle forze dell’ordine, sia ancora indispensabile il mantenimento di questo tipo di tutela personale nei confronti di chi, si legge dalle accuse, disponeva delle proprie funzioni per fini personali”. Il magistrato può ancora contestare la decisione e fare un ricorso amministrativo.

 

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17 Novembre 2016, 16:00

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