21 Giugno 2018, 17:37
2 min di lettura
PALERMO – Potrebbe essere in una pistola sequestrata nel 1996 la risposta sul giallo dell’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino, assassinato con la moglie Ida Castelluccio, a Villagrazia di Carini (Pa), il 5 agosto del 1989. La procura generale, che dopo la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura ha avocato l’indagine, ha chiesto nuovi accertamenti su una calibro 38 trovata in un arsenale della mafia in contrada Giambascio, a San Giuseppe Jato, nel 1996.
Tra fucili, mitragliatori, munizioni, mine anticarro e congegni elettrici del boss Giovanni Brusca venne sequestrata una pistola che ha attirato l’interesse degli inquirenti. L’arma, che i boss hanno cercato di alterare e che è stata danneggiata, verrà esaminata dai consulenti della Procura generale, da quelli dei due indagati per il delitto, i capimafia Antonino Madonia e Gaetano Scotto, e dal perito del gip.
Gli accertamenti, che dovranno valutare se c’è compatibilità tra la calibro 38 ritrovata e la pistola usata dai killer, verranno svolti nel corso di un incidente probatorio il 18 luglio. L’accusa è rappresentata dal sostituto procuratore generale Domenico Gozzo. Nell’indagine era coinvolto – e anche per lui i pm hanno chiesto l’archiviazione – l’ex ispettore di polizia, con un passato nei servizi segreti, Giovanni Aiello, soprannominato “faccia da mostro” per una profonda ferita che gli deturpava il viso, morto nei mesi scorsi. Alla richiesta di archiviazione ha fatto opposizione la famiglia di Agostino.
Per il delitto, rimasto finora senza responsabili, furono indagati Scotto e Madonia. Successivamente emerse la figura di Aiello, già indagato, peraltro, per concorso in associazione mafiosa. “L’attività di indagine svolta in esecuzione dell’ordinanza del gip – avevano scritto i pm Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene nella richiesta di archiviazione – non ha consentito di acquisire quegli auspicati riscontri individualizzanti in termini di certezza probatoria sufficiente a esercitare proficuamente l’azione penale”. Nell’istanza comunque i pm avevano espresso un pesante giudizio su Aiello. “Soggetto – avevano scritto – certamente in contatto qualificato con l’organizzazione mafiosa Cosa nostra (se non addirittura intraneo)”. Aiello, secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbe aiutato i killer a fuggire dopo il delitto.
Pubblicato il
21 Giugno 2018, 17:37