28 Luglio 2024, 07:57
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“God save the King”, cantano disciplinati i britannici nel loro inno nazionale, noi italiani non abbiamo un re, per fortuna considerati alcuni trascorsi dei Savoia, ma a buon titolo dovremmo invocare spesso l’Onnipotente perché salvi il Presidente, non un presidente qualunque ma Sergio Mattarella.
A Carlo Azeglio Ciampi bastava ricordare che il Quirinale sebbene silente non è perciò assente, a Mattarella no, non basta, non può bastare se deve ribadire costantemente, con determinazione, specialmente nel suo secondo mandato che scadrà nel febbraio del 2029, i principi fondamentali della Costituzione.
Uno di questi è contenuto nell’articolo 21 della nostra Carta: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure…”.
Non c’è democrazia compiuta, progresso sociale e crescita della persona se privi del basilare diritto di informare e di essere informati. Mattarella è andato oltre, sebbene sempre nei limiti delle sue prerogative, con un monito che difficilmente potrà essere accantonato o, peggio, ignorato.
Durante l’annuale cerimonia del Ventaglio ha esclamato, scandendo bene le parole: “Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica”. E ancora, in un crescendo di maturità democratica dell’uomo prima ancora che della più alta magistratura dello Stato, avverte che il compito della stampa è “documentare senza sconti”, “gettare luce su fatti sconosciuti”.
Risulta evidente il riferimento alla violenza subìta dal cronista della Stampa, Andrea Joly, ad opera di scalmanati elementi dell’estrema destra di CasaPound. Un evento gravissimo che Mattarella non intende sottovalutare e che si aggiunge all’intensificarsi “di contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni nei confronti dei giornalisti”.
Sicuramente a Mattarella non sarà piaciuto leggere il Report della Commissione europea sullo Stato di Diritto nella UE (Rule of Law). Nel rapporto sono contenuti diversi appunti rivolti all’Italia, per esempio la mannaia della diffamazione di cui si chiede un’immediata riforma a protezione della libertà di stampa, segnalando le diverse sfide che quotidianamente devono affrontare i giornalisti nell’esercizio della loro professione.
Una stoccata anche alla Rai, o meglio, al governo di Roma chiamato a garantirne l’indipendenza (un no secco a Telemeloni) nella qualità di servizio pubblico. Il Capo dello Stato si trova costretto quasi a correggere altre alte cariche, vedi il presidente del Senato Ignazio La Russa, ambigue nello stigmatizzare senza se e senza ma attacchi verbali e addirittura fisici a danno di operatori dell’informazione.
Anche la risposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a seguito dell’inchiesta di Fanpage sull’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia è sembrata tardiva, autoassolutoria, equivoca e comunque inadeguata rispetto a quanto emerso grazie all’iniziativa della testata giornalistica.
Da che mondo è mondo nei Paesi veramente democratici il giornalismo d’inchiesta si avvale di giornaliste e giornalisti infiltrati per raccogliere preziose informazioni che l’opinione pubblica ha il diritto di conoscere e che rimarrebbero pericolosamente nascoste.
Guai a ogni tipo di cedimento sul fronte della libertà di stampa, tutti i sinceri democratici devono tenere gli occhi aperti finché si è in tempo. E poi, sì, per favore, “God save the President”, Dio salvi il Presidente.
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28 Luglio 2024, 07:57