01 Settembre 2015, 06:20
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PALAGONIA – AGGIORNAMENTO
ORE 14. Dall’autopsia su Mercedes Ibanez sono emersi elementi che porterebbero a ipotizzare che la donna sia stata violentata. Sono “soltanto indizi -riferisce una fonte giudiziaria – anche se diversi, che non danno certezze”, le quali arriveranno da analisi successive. Il deposito della consulenza è previsto entro 60 giorni.
Sul corpo della donna, conferma una fonte giudiziaria, sono state “trovate ecchimosi e segni di un colluttazione” in una zona del corpo che fanno “ipotizzare abbia subito violenza sessuale”. La certezza avverrà dopo esami istologici su organi della vittima. Secondo questa ricostruzione sembra prendere corpo anche la tesi che Mercedes Ibanez, che ha tentato di reagire all’aggressione, sia stata lanciata dal balcone e non che sia caduta cercando di fuggire. Ma anche questa, al momento, resta un’ipotesi da verificare.”Io non ne so niente, quando avrò la certezza ufficiale ne riparleremo, attendo risposte certe prima. Lasciateci due giorni per la nostra famiglia”. Così Rosita Solano commenta sull’ipotesi indiziaria che la madre, Mercedes Ibanez, possa essere stata violentata prima di essere uccisa nella sua villa di Palagonia.
Un cacciavite e una grossa tenaglia o una pinza. Potrebbero essere le ‘armi’ utilizzate dai rapinatori per uccidere Vincenzo Solano e la moglie Mercedes Ibanez nella loro villa di Palagonia. E’ quanto emerge dall’autopsia. Secondo fonti giudiziarie, l’esame medico legale porta ad ipotizzare che sulla scena del delitto ci fosse più di una persona. Accertamenti sono in corso da parte della polizia di Stato. (ANSA)
Continuano le indagini della polizia di Stato sul duplice omicidio nella villa di Palagonia. La polizia scientifica ha continuano nei rilievi nella casa e anche su un paio di mutande da uomo insanguinate trovate nel giardino. Potrebbero essere dell’ivoriano fermato che le ha tolte per evitare di essere sospettato. Gli investigatori stanno controllando i tabulati del suo cellulare personale dal quale avrebbe fatto almeno due chiamate. Lui non ha fatto alcuna ammissione. Agli investigatori della squadra mobile di Catania e del commissariato della polizia di Stato di Caltagirone ha fornito la sua spiegazione: “il borsone (con dentro cellulare e Pc portatile delle vittime, ndr) l’ho trovato per strada, che male c’è?”, e dopo avere fornito questa sua spiegazione ha chiesto “perché mi state trattenendo, visto che ho chiarito tutto?”. “Tra l’altro sono uscito alle 6 – ha aggiunto – e sono rientrato adesso non avrei avuto il tempo di andare e tornare da Palagonia”. Ma la registrazione dell’uscita non esiste e il poliziotto di turno nega di averlo visto passare dall’ingresso principale. Potrebbe avere ‘saltato’ la recinzione o passato da uno dei ‘buchi’ che vengono creati. Ma i particolari che lo accusano non sono soltanto legati al borsone con cui poco prima delle 7 del mattina di due giorni fa ha tentato di rientrare nel Cara di Mineo, suscitando la curiosità di una caporale dell’esercito che ha fatto intervenire un ispettore della polizia di stato facendo partire l’indagini che ha portato alla tragica scoperta nella via dei Solano, in via Palermo, a Palagonia. Nel borsone c’erano anche un suo paio di pantaloni neri macchiati di sangue e una cintura bianca, con una grossa fibbia. Gli stessi che indossa, puliti, in una foto contenuta sul suo cellulare personale. Al momento in cui è stato bloccato, invece, indossa una magliettina grigia di un’impresa di Palagonia con la quale Vincenzo Solano collabora, i pantaloni, che sono diverse misure più grandi, e le pantofole dell’uomo. Capi che la figlia della vittima riconoscerà in commissariato in maniera certa e incontrovertibile. Secondo la tesi dell’accusa, l’ivoriano dopo la strage si sarebbe cambiato gli abiti per non destare sospetti al suo rientro al Cara.
Saranno celebrati dal vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri domani, alle 17, nella chiesa nella chiesa di San Giuseppe i funerali di Vincenzo Solano e Mercedes Ibanez. La Procura di Caltagirone ha firmato il nulla osta per la restituzione delle salme. Intanto il Comune, sul proprio sito internet listato a lutto, annuncia che dalle 18 alle 22 di oggi, nella sala Azzurra, sarà allestita la camera ardente, che riaprirà domani 8 alle 16.(ANSA)
IL PUNTO SULLE INDAGINI. Ore decisive per l’ivoriano Mamadou Kamara, fermato domenica sera dalla Polizia con l’accusa di essere una delle mani assassine dei coniugi Vittorio Solano, 68 anni, e Mercedz Ibaniz, 70enne, uccisi nella loro villa a Palagonia. Il Gip di Caltagirone dovrà decidere sulla richiesta di convalida del fermo formulata dalla Procura: l’udienza dovrebbe svolgersi domani. A carico del giovane migrante, ospite del Cara di Mineo da giugno, ci sarebbero diverse prove, ritenute dagli inquirenti “inconfutabili”. Kamara, infatti, nel suo borsone aveva il cellulare della vittima e un paio di pantaloni sporchi di sangue: quando è arrivato ai controlli del Cara indossava inoltre i vestiti della vittima. Un particolare che avrebbe “tradito” – a detta degli investigatori – il 18enne.
LA CRONACA DELLE ULTIME ORE. L’ivoriano ha respinto le accuse sin dal primo momento: alla polizia avrebbe raccontato di aver trovato il cellulare per terra e di non averlo rubato. Ha continuato a professarsi innocente, ma questo non ha convinto gli inquirenti che stanno indagando per identificare altri possibili complici. Per la Squadra Mobile, che indaga sul duplice omicidio, Kamara avrebbe agito con altre persone. Dietro l’efferato delitto ci sarebbe una rapina culminata in una tragedia che ha scosso l’intera comunità di Palagonia. I cittadini non si sentono sicuri nemmeno nelle loro case. Ieri pomeriggio a Catania si è svolto in Prefettura un tavolo per l’Ordine e la Sicurezza a cui ha partecipato il sindaco Valerio Marletta, che ha chiesto un incontro istituzionale in città per i prossimi giorni.
La macabra scoperta dei due cadaveri è stata fatta domenica mattina dai carabinieri dopo una segnalazione della Polizia. Le indagini, infatti, sono partite da controlli all’ingresso del Cara di Mineo: Kamara si è presentato ai cancelli con un borsone ed è li, come già detto, che la polizia ha trovato il telefonino e i pantaloni sporchi di sangue. Dagli accertamenti sul cellulare la polizia è risalita ai proprietari e alla villetta di Palagonia. A quel punto i militari sono arrivati in via Palermo e la scena che si è presentata davanti ai loro occhi è stata aberrante. Il corpo della spagnola nel cortile, probabilmente scaraventata dal balcone, e quello del 67enne in casa, morto dissanguato per un taglio alla gola.
La Scientifica ha analizzato palmo a palmo la scena del crimine: sono stati fatti controlli con il luminol per cercare impronte digitali e anche tracce di dna. Accertamenti approfonditi e controlli incrociati anche sui telefonini: quello rubato e quello dell’ivoriano. Si cercano anche potenziali complici: gli investigatori non escludono che il giovane ivoriano abbia agito con altre persone. Ieri è iniziata anche l’autopsia sui corpi delle due vittime: dall’esame autoptico potrebbero arrivare nuovi input investigativi per fare piena luce sul duplice omicidio.
Intanto i familiari puntano l’indice contro lo Stato nella gestione dell’accoglienza ai migranti. La figlia Rosita davanti ai cancelli della villa di via Palermo ieri mattina si è sfogata ai microfoni dei cronisti. “E’ anche colpa dello Stato se i miei genitori sono stati uccisi perché permette a questi migranti di venire qui da noi e di fargli fare quello che vogliono, anche rapinare e uccidere. Renzi venga qui, a spiegare e non a chiedere scusa o a giustificarsi perché i miei genitori ormai sono morti e il Governo deve dirci perché”.
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01 Settembre 2015, 06:20