07 Febbraio 2017, 10:42
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PALERMO – Prima di essere seppellita l’auto fu schiacciata, ridotta a un cubo di lamiera. Dentro la Fiat Uno vi erano i corpi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto. I pubblici ministeri Annamaria Picozzi, Roberto Tartaglia e Amelia Luise hanno dato il via libera per scavare nel terreno della zona industriale di Carini, localizzato anche grazie alle dichiarazioni del pentito Nino Pipitone. Si attende che le condizioni meteorologiche migliorino. Poi, il georadar e le ruspe cercheranno il macabro riscontro al verbale del collaboratore di giustizia.
Nelle scorse settimane in manette i carabinieri del Nucleo investigativo hanno arrestato per il duplice omicidio Giovan Battista Pipitone, Salvatore Cataldo e Antonino Di Maggio. Ferdinando Freddy Gallina è stato bloccato a New York, dove viveva clandestinamente.
Pipitone partecipò al delitto di cui aveva già parlato un altro collaboratore, Gaspare Pulizzi. Ma è un delitto finora rimasto senza colpevoli perché c’erano le sole parole di Pulizzi a ricostruirlo. Resta da chiarire come i carabinieri siano giunti all’individuazione del terreno dell’area industriale. Si è dovuti trinare indietro nel tempo, fino all’anno della scomparsa delle due vittime. I mafiosi allora avrebbero chiesto a qualcuno che stava lavorando nel terreno di occuparsi anche di seppellire i corpi.
Il Tribunale di Cosa nostra convocò le vittime in un appartamento. Su di loro gravava un duplice sospetto. Il primo: avevano partecipato alla sparizione di Luigi Mannino, un parente di Salvatore Lo Piccolo, il boss di San Lorenzo che dettava legge anche a Carini e dintorni. Il secondo: avevano rubato in un supermercato “protetto” da Cosa nostra.
Il racconto è drammatico. Era l’aprile del 1999. Failla fu strangolato, Mazzamuto ucciso con un colpo di pistola alla testa. Poi, i corpi caricati sulla Fiat Uno. Fu necessario l’intervento di un escavatore per realizzare l’enorme buca che ospitò la macchina.
“In compagnia di mio zio Vincenzo e di mio zio Giovanni ci recammo da Totò Cataldo, che aveva fissato un appuntamento a casa sua, che si trova a Villagrazia in via dei Limoni – racconta il collaboratore di giustizia – Trovai Cataldo, Antonino Di Maggio, Angelo Conigliaro nonché le due vittime. Vi era anche Gaspare Pulizzi, in mia presenza Conigliaro prese Failla, colpendolo con un’ascia e stordendolo, per poi strozzarlo. Di Maggio che era armato prese Mazzamuto che fu colpito… la corda al collo di Failla fu messa da Angelo Conigliaro e dai miei zii Giovan Battista e Vincenzo, la fase dello strangolamento è durata alcuni secondi”. Conigliaro è ormai deceduto.
Per Pipitone fu il battesimo dl sangue: “È stato il primo omicidio al quale ho assistito, fui coinvolto nelle attività di occultamento dei cadaveri che furono messi in alcuni sacchi e lasciati nel bagagliaio della macchina di Mazzamuto che fu schiacciata con mezzi meccanici da Pecoraro e Cataldo e occultata in un terreno che però non so indicare. Durante lo strangolamento, mio zio Vincenzo urlava a Failla ‘sei uno sbirro’… Failla e Mazzamuto erano responsabili dell’incendio di un supermercato di titolarità di Amato, ma non dissero espressamente che questa era la causa dell’omicidio”.
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07 Febbraio 2017, 10:42