Il duplice omicidio, la fuga dallo Zen e le tensioni allo Sperone

Il duplice omicidio, la fuga dallo Zen e le tensioni allo Sperone

Due anni fa si è temuta la vendetta mafiosa

PALERMO – Nel marzo 2019 Giovanni Colombo uccise a colpi di pistola Antonino e Giacomo Lupo, 53 e 19 anni, padre e figlio. Per il delitto commesso allo Zen 2 Colombo è stato condannato a vent’anni di carcere.

L’inchiesta che nelle scorse settimane ha portato all’arresto di boss e gregari del mandamento di Tommaso Natale svela che stava per consumarsi una vendetta.

Colombo confessò di avere sparato per una “taliata laria”, uno sguardo brutto che aveva rivolto alla compagna di Francesco Lupo, figlio e fratello di Antonino e Giacomo Lupo. Da qui la spedizione punitiva per vendicarsi. Decine di persone si presentarono sotto casa di Colombo che a quel punto si armò. “Ho sbagliato – disse Colombo dopo l’arresto – ma o morivano loro o morivo io”.

Gli investigatori hanno battuto, senza successo, la pista della droga, ipotizzando che dietro il duplice omicidio ci fosse un regolamento di conti per la gestione dello spaccio nel quartiere. Antonino Lupo, infatti, gestiva una delle piazze di spaccio allo Zen2.

All’indomani del delitto Colombo cambiò aria. Non solo lui, anche la famiglia di un suo cugino fu costretta a lasciare l’abitazione allo Zen. Non gli diedero neppure il tempo di traslocare.

Giuseppe Cusimano e Francesco L’Abbate, considerati i due capi della famiglia mafiosa del rione palermitano, decisero che la famiglia sfrattata non dovesse vendere l’immobile nonostante avesse già avviato una trattativa.

La trattativa fu stoppata, anche se l’acquirente aveva già versato 28 mila euro. I parenti di Colombo sono andati a vivere nel rione Sperone, dove avrebbero organizzato una piazza per lo spaccio di droga. Di fatto le tensioni si sono spostate dallo Zen ad un altro quartiere periferico della città.

Cusimano era pronto a tutto: “Vito… ho parlato con gli amici… appena loro scendono, io … io a loro neanche li vado a cercare… io vengo… mi infilo allo Sperone… a Brancaccio e metto a fare… bo… bo… bo… bo… bo… bo… e metto gli sbirri… come loro fanno con noi noi facciamo con loro”.

Cusimano aveva ricevuto rassicurazioni sul fatto che i nemici non avrebbero più messo piede allo Zen 2. Ed invece non era andata così. Fu necessario parlare di nuovo con Vito, uno dei personaggi rimasti ancora ignoti. E le cose furono messe a posto anche perché allo Zen temevano di fare troppo rumore attirando le forze dell’ordine.


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