21 Agosto 2013, 13:36
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CATANIA – “Non voglio puntare il dito contro l’Università ma porre l’attenzione sulla vera questione: l’Italia non è un Paese in grado di gestire il progresso”. Esordisce così la regista palermitana Costanza Quatriglio, autrice del film etichettato già più volte come “shock”, che il prossimo 31 agosto verrà proiettato alla Mostra di Venezia nella sezione ufficiale fuori concorso, ma lei controbatte immediatamente “dovremmo rimanere schockati da ciò che accade tutti i giorni intorno a noi”.
“Con il fiato sospeso” è un film che in 35 minuti racconta la storia di Stella, Alba Rohrwacher, una giovane laureata in Farmacia che dedica tutta la sua passione alla ricerca e trascorre la vita nei laboratori di chimica dell’università di Catania, “il mio film – prosegue la regista – vuole formare. Partendo dai racconti raccolti nel suo diario da Emanuele, ricercatore nella facoltà etnea morto nel 2003 per tumore ai polmoni, ho voluto mostrare attraverso personaggi di finzione la disillusione vissuta da tanti ragazzi, che per amore della scienza ne sono rimasti vittima”. Anna Balestrieri è la coinquilina di Stella, lei ha mollato quel mondo per suonare in un gruppo rock e cerca di mettere in guardia l’amica. Un altro ragazzo, Michele Riondino, ricercatore, è la voce narrante di un diario che ripercorre entusiasmi e dolori. La colonna sonora è di Paolo Buonvino.
Perché secondo lei allora il suo film è stato definito shock?
“È un documentario che emoziona, non posso negarlo. Se genera un senso di shock però questo fa capire quanto ci si stia sempre più disabituando alla presa di coscienza di ciò che accade tutti i giorni nella vita reale”.
Un film nato più dalla voglia di denunciare, di informare o come un doveroso modo di ricordare chi non c’è più?
“Tutti e tre. – risponde a LiveSicilia Catania Costanza Quatriglio – sono una cineasta, il mio compito è raccontare storie, ma anche un modo per mettere in guardia chi tutt’oggi lavora in quei laboratori, il ruolo di Anna nasce proprio da questa volontà. Ho lavorato a questo documentario per più di 4anni, alla fine del 2008 – racconta la quarantenne regista palermitana da anni trasferita a Roma – ho saputo che era stata chiusa la facoltà di farmacia di Catania. Trentasei persone si erano ammalate, molte di cancro, per la insalubrità degli ambienti. Ho scoperto che Emanuele aveva lasciato un memoriale in cui aveva annotato le pessime condizioni dei laboratori. Lì ho capito che questa storia aveva una drammaturgia potente e che andava raccontata”.
Ha incontrato la famiglia di Emanuele?
“Certo. Ho conquistato la loro fiducia da subito. Il mio scopo non è mai stato quello di creare scandali, lo spettacolo del terrore non mi appartiene. Vorrei semplicemente far confrontare la gente con i lati critici della nostra società”.
Perché “Con il fiato sospeso”?
“Il titolo ha una doppia valenza – conclude la Quatriglio – leggendo il diario di Emanuele spesso descriveva irrespirabile l’aria nei locali dell’università, impossibile non immaginare tutti quegli studenti letteralmente con il fiato sospeso, trattenendo il respiro, una volta entrati in laboratorio. Ma allo stesso tempo il titolo è metafora. Metafora di una condizione di precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro come in quelli di studio. Oggi un po’ tutti viviamo con il fiato sospeso”.
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21 Agosto 2013, 13:36