Il fruttivendolo ucciso al Capo | Due condanne a vent'anni - Live Sicilia

Il fruttivendolo ucciso al Capo | Due condanne a vent’anni

Andrea Cusimano fu freddato a Palermo. Condannati Calogero Pietro Lo Presti e Fabrizio Tre Re LE FOTO

La sentenza del gup
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PALERMO – Un’esecuzione eseguita con metodo mafioso. Una vendetta per lo sgarbo subito dal padre. Calogero Pietro Lo Presti e Fabrizio Tre Re sono stati condannati a vent’anni per l’omicidio di Andrea Cusimano, il fruttivendolo ucciso al mercato del Capo a colpi di pistola. Non è stata accolta la richiesta di condanna all’ergastolo. La sentenza è del giudice per l’udienza preliminare Marcella Ferrara ha escluso la premeditazione. Ecco perché non è stata accolta la richiesta di condanna all’ergastolo.

Calogero Pietro è nipote di Calogero e cugino di secondo grado di Tommaso Lo Presti, boss del clan di Porta Nuova. Ed è anche figlio di Giovanni, che nel 2001 aveva assassinato un uomo a colpi di pistola. Allora la vittima fu Salvatore Altieri, freddato alla Vucciria. Giovanni Lo Presti ha finito di scontare sedici lunghi anni di carcere nel 2014. Cusimano, invece, era stato scarcerato nel 2007 dopo essere finito nei guai per estorsione, associazione a delinquere e usura.

Qualche tempo dopo l’arresto di Calogero Pietro, in carcere finì lo zio ventisettenne Fabrizio Tre Re. Fu lui, secondo l’accusa, ad accompagnate il nipote sul luogo del delitto. E anche per lui è stata chiesta la massima pena. I carabinieri del Nucleo investigativo svelarono i retroscena dell’agguato: Calogero Lo Presti, il 25 agosto scorso, arriva a Porta Carini a bordo della Smart guidata da Tre Re. La macchina viene inquadrata la prima volta in via Nicolò Turrisi, alle 7:17. Giunto a Porta Carini, Lo Presti, – scarpe da tennis, pantaloncini e maglietta rossa – litiga con Andrea Cusimano. In realtà sta cercando il fratello Francesco Paolo con cui il padre del killer, Giovanni, pure lui presente al Capo, ha litigato la sera prima in un pub alla Vucciria, rimediando un paio di sberle.

Stessa cosa accade a Calogero Lo Presti che reagisce ferendo il fruttivendolo al volto con un coltello. Lo Presti e Tre Re si spostano di nuovo in macchina. Le telecamere li inquadrano in via Lincoln, dove comprano le sigarette e poi in corso dei Mille. C’è un solo buco nelle immagini ed è il momento in cui Lo Presti preleva la pistola in un logo ancora da scoprire. È l’arma con cui torna al Capo e spara al fruttivendolo in mezzo alla gente.

Poi, tenta di scappare, ma un carabiniere lo tira fuori dalla Smart di Tre Re che lo attende in doppia fila in via Volturno. Tre Re schiaccia il piede sull’acceleratore e fugge. Le telecamere lo inquadrano in piazza Indipendenza. Parcheggerà la macchina in un posteggio privato vicino casa in via Belmonte Chiavelli.

LE FOTO DELL’OMICIDIO

Il racconto dell’omicidio del Capo – minuto per minuto – fu ricostruito anche grazie alle microspie che registrarono le parole di due testimoni oculari. Sono la nonna e il cugino di Andrea Cusimano. Teresa Pace, accompagnata dal nipote Giuseppe Bertolino, il 29 agosto scorso, tre giorni dopo il delitto, si era confidata con il figlio Silvio Bertolino, detenuto al carcere Pagliarelli. Ai carabinieri del Nucleo investigativo entrambi avevano detto di non avere visto nulla. Ed invece, a giudicare dalle loro parole intercettate, avrebbero assistito al delitto. Oggi la condanna in abbreviato con lo sconto di pena per l’imputato.

L'avvocato Luciano Maria Sarpi

“Il giudice ha escluso l’aggravante della premeditazione – spiega il legale di Lo Presti, l’avvocato Luciano Maria Sarpi – ecco perché riteniamo che debba venire meno anche quella del metodo mafioso. Su questo punteremo il nostro appello. Un delitto d’impeto appare inconciliabile, secondo la stessa Cassazione, con l’aggravante contestata a chi commette il reato con il metodo mafioso”.

 


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