17 Dicembre 2014, 11:01
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PALERMO – Metti il quotidiano più vicino a una certa antimafia. E il politico siciliano che più di altri incarna l’antimafia politicizzata e di palazzo. E ancora un articolo, e una firma, che non t’aspetti. Il fulmine a ciel sereno scocca stamani dalle pagine del Fatto quotidiano, a firma di Pietrangelo Buttafuoco. Che debutta sul quotidiano di Padellaro e Travaglio, pagine assai care all’antimafia “chiodata”, con un ritratto al vetriolo di Beppe Lumia, ritenuto il Richelieu del crocettismo, “vicerè di Palermo”, dipinto nelle sue prime pennellate dall’autore della “Buttanissima Sicilia” come “campione dell’antimafia” e “onnipresente – senza alcuna investitura e fuori ogni regola – a Palazzo d’Orleans, sede del governo regionale, dove presenzia, riceve e sovrintende”.
La sulfurea istantanea apparsa oggi sul Fatto prende le mosse da un recente articolo apparso su Repubblica Palermo, in cui Emanuele Lauria raccontava che dalle parti del Palazzo “l’uomo della scorta, alto, grosso e con il codino, lo vedi spesso al piano terra”, ma “gli addetti alla portineria, i commessi, ne negano la presenza”. Lumia l’invisibile è assente ma presente, dice Il Fatto. “Al punto da ricevere i suoi ospiti, specie nelle giornate di venerdì e lunedì, nella stanza attigua a quella di Crocetta”, scriveva Repubblica, citata da Buttafuoco. Che affibbia a quel punto al politico termitano l’etichetta di “senatore della porta accanto”.
“C’è, ma è il convitato da tutti negato – scrive Buttafuoco oggi sul Fatto -. Fuori verbale, lasciando la porta aperta, vede scorrere, davanti a sé, tutti gli assessori nelle riunioni di giunta. Il suo potere è dunque fondato su un equivoco, antico e accettato: chiunque abbia un’istanza, non perde tempo col rivolgersi al presidente della Regione”. Poi i riferimenti all’attività di “grande promotore d’investimenti” del senatore, al suo ruolo di deus ex machina nel discusso patto che legò il Pd al governo di Raffaele Lombardo, alla sua vicinanza al mondo delle coop, ma anche alla sua sponsorizzazione del magistrato Nicolò Marino come assessore ai Rifiuti, poi uscito di scena “prima che il percolato, in tema di monnezza, coprisse tutto e tutti”, scrive Buttafuoco, che legge nella sostituzione di Marino la volontà di Crocetta di evitare “che a scandalo si unisse altro scandalo”, con un passaggio che riporta a galla i veleni e gli scambi di accuse che si sono accumulati sul tema.
Certo, non è la prima stoccata di Buttafuoco all’indirizzo di Lumia e di certa antimafia. Ma quel che fa notizia, e che non passa inosservato, è la sua collocazione sulle pagine di un giornale che con quel mondo antimafia ha in qualche modo un’interlocuzione privilegiata. Nel “fuoco amico” del Fatto, insomma, sembra di leggere il segnale di un’insofferenza che attecchisce ormai anche nelle coscienze più severe verso il professionismo dell’antimafia inteso dai critici non come sacrosanta lotta alla mafia ma come strumento e scudo per carriere politiche e status di intoccabilità. Insomma, l’uscita di oggi del Fatto sdogana nel sancta sanctorum degli appassionati del genere, un dibattito già avviato altrove su “antimafia e potere”. Dibattito che negli ultimi mesi ha visto il monolite dell’antimafia politicizzata scalfito da insospettabili picconate come quella, recente, del reggente della procura di Palermo Leonardo Agueci. Qualche settimana fa al mensile I love Sicilia il magistrato dichiarava tranchant: “Diffido del politico che si proclama antimafioso. Non significa niente”. Dalle parole al Fatto, il passo è stato breve.
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17 Dicembre 2014, 11:01