09 Giugno 2014, 12:15
3 min di lettura
PALERMO – Era un commando ben organizzato, in cui ogni componente aveva un ruolo prestabilito. Per intascare soldi facili e veloci avrebbero pianificato un furto, con tanto di estorsione, ai danni di una donna palermitana, costretta a sborsare novecento euro per riaverlo. Ma non si erano fermati a questo. Con violenza, alcuni mesi dopo, avrebbero fatto irruzione a casa sua tappandole la bocca e passando al setaccio tutte le stanze della sua abitazione per poi scappare con soldi e gioielli. In quel caso la vittima era caduta a terra, battendo la testa.
Una scia di colpi che si è conclusa con le manette ai polsi per a Massimo Incontrera, 27 anni; Domenico Carratello, 26 anni Domenico Misia, 27 anni; Riccardo Orlando, 26 anni; Giuseppe Di Modica, 26 anni e Niko Passafiume, 25 anni. Ad eseguire le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Agostino Gristina, i carabinieri della compagnia Palermo San Lorenzo. I sei sono accusati a vario titolo di estorsione in concorso, per aver costretto la vittima del furto del motociclo al cosiddetto “cavallo di ritorno” di quasi mille euro e di rapina aggravata e furto in abitazione aggravati in concorso. Gli arresti sono scattati al termine di un’intensa indagine che ha pin piano messo insieme i tre episodi ai danni della stessa persona.
Il primo si era verificato nel 2011, quando i carabinieri del Nucleo operativo avevano notato in via Ettore Arculeo, nella zona di Altarello, un giovane che spingeva uno scooter manomesso. Diceva a voce alta: “L’importante è che ho la moto, minchia 1300!” Era una Suzuki GSX-R 1000, il bloccasterzo era stato danneggiato. Un aspetto che non è sfuggito all’occhio dei militari, che avevano intuito si fosse verificata una estorsione ai suoi danni. E in effetti, il giorno prima era stato denunciato il furto dello scooter. Qualcuno se ne era impossessato mentre era posteggiato in corso Finocchiaro Aprile. A fare da “intermediario” per il pagamento del cavallo di ritorno, sarebbe stato Massimo Incontrera, che con la complicità di Domenico Carratello e Domenico Misia aveva contattato il figlio della vittima per dargli appuntamento nei pressi di un bar, dove il motociclo sarebbe stato restituito in cambio dei soldi.
Una disavventura che era finita lì, però. Dallo scooter mancavano infatti alcuni documenti e la vittima aveva dovuto rimettersi in contatto coi suoi estorsori: l’episodio, attraverso alcune intercettazioni telefoniche e il racconto da parte del giovane, aveva incastrato la banda, dopo alcuni mesi entrata nuovamente in azione nella zona della Noce. In quel caso, quella che la banda di giovani malviventi aveva messo in piedi, era stata una rapina violenta in abitazione. Era il 22 febbraio 2012 quando avevano bussato al citofono della signora che abitava al piano terra. Uno di loro aveva riferito di avere tamponato la sua auto. una scusa con la quale la vittima fu bloccata e trascinata dentro casa.
Chiusa la porta e inserito il chiavistello, minacciando la signora di violenza sessuale o morte se avesse urlato, i malviventi le avevano detto di consegnare soldi e oro, impossessandosi quindi di un iPad Apple, di 120 euro in contanti, oltre ad un orologio, un paio di occhiali da sole “Bulgari” e vari preziosi, prima di darsi alla fuga. ma l’abitazione era stata assaltata anche l’indomani. La donna, sotto choc, si era infatti recata dai carabinieri per denunciare sia la rapina che un furto: dopo il colpo nella notte era andata a dormire impaurita da un’amica, ma i malviventi avevano nuovamente assaltato l’appartamento, lasciandolo a soqquadro.
A contribuire alle indagini, le impronte digitali rilevate nell’abitazione e su una finestra al secondo piano della palazzina, da cui la banda aveva probabilmente fatto irruzione una seconda volta in casa. I carabinieri hanno anche accertato che il commando si era messo in contatto con un tecnico informatico: i malviventi volevano “resettare” l’iPad rubato per renderlo irrintracciabile e venderlo quindi nel mercato nero.
Pubblicato il
09 Giugno 2014, 12:15