21 Dicembre 2013, 09:44
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CATANIA – “Ora ci vuole una destra per la Terza Repubblica”. Queste le parole pronunciate, a Palazzo della Cultura, dall’ex viceministro alle attività produttive Adolfo Urso. L’occasione è quella della presentazione nel capoluogo etneo del saggio “Vent’anni e una notte. 1993 – 2013 la parabola della destra italiana raccontata dai suoi protagonisti” (ed. Castelvecchi). Uno sforzo editoriale figlio della collaborazione a quattro mani tra lo stesso Urso e il già direttore del Tg2 Mauro Mazza. Il lasso di tempo raccontato coincide esattamente con l’ascesa politica dell’Msi e la quasi totale diaspora della comunità che gravitava intorno ad Alleanza Nazionale. “Si può tornare oggi ad una vera idea di governo – spiega Urso – solo all’interno di un’ottica maggioritaria. Ogni tentazione proporzionalista o identitaria ci condannerebbe alla marginalità politica. An ha concluso la sua mission restituendo al paese la cultura della patria. Ora, però, bisogna riscrivere la politica guardando all’ipotesi istituzionale di un sindaco d’Italia e addirittura di un sindaco d’Europa”.
A vent’anni di distanza, sembra un dato storico acquisito: è stata la legge elettorale che ha introdotto l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia ad avere liberato il vecchio Msi dal ruolo, nei fatti un po’ angusto, di opposizione permanente. Un passaggio storico che visto ha non solo Gianfranco Fini e Alessandra Mussolini concorrere, rispettivamente, ai ballottaggi di Roma e Napoli nel 1993, ma anche Nello Musumeci venire eletto presidente di una provincia di peso come quella etnea.
Ed è, appunto, l’attuale presidente della commissione antimafia della Regione siciliana a ricordare quello snodo per molti aspetti epocale, con un aneddoto assai curioso: “Allora c’era già in cantiere l’idea di An. Chiesi al compianto Tatarella il permesso di utilizzare quel nuovo nome. Lui mi rispose con un no secco. Aggiungendo quindi che sarebbe stato di cattivo auspicio inaugurarlo con una sconfitta. Mentre – continua – quando chiesi a Fini cosa ne pensasse della mia candidatura, lui mi disse di farlo solo se fossi stato sicuro di perdere. Questo era il clima di quella fase. Oggi però – conclude Musumeci – dobbiamo ammettere che, nonostante quei fasti e quelle vittorie inattese, la classe dirigente di An si è trovata del tutto impreparata alla prova del governo, rimanendo schiacciata da Berlusconi da un lato e dalla Lega dall’altra”.
Protagonista assoluto di quella fase, ma da sinistra, fu sicuramente Enzo Bianco. Nel 1993 fu eletto per la seconda volta sindaco di Catania. Specularmente ad An, stava lavorando alla nascita di Alleanza democratica. Due esperimenti politici che recepivano immediatamente il nuovo assetto maggioritario e che contemplavano, inoltre, la reciproca alternanza di un polo a destra formato da liberali, cattolici e nazionali e una coalizione a sinistra che raccogliesse laici, democratici e riformisti. “Sono fiero di essere qui – ha esordito Bianco – con Nello Musumeci in quegli anni abbiamo dato prova che da posizione diverse si può avere un alto senso delle istituzioni. Infondo, provenivamo da due culture, quella repubblicana e quella missina, che dello Stato ne hanno fatto un valore”.
Anche Enzo Bianco, d’altronde, guarda con stupore al capolinea di An e alla fine ingloriosa della leadership di Gianfranco Fini: “Ancora non capisco come un capo politico del suo carisma e della sua lungimiranza abbia fatto un autogol così incredibile. Ha commesso due errori che un politico del suo spessore non dovrebbe concedersi. Si è dimostrato un vendicativo. Una delle sue vittime è stata proprio Musumeci, a cui non ha mai perdonato di averlo superato in termini di voti alle europee. Inoltre ha avuto il brutto vizio di lasciarsi condizionare pesantemente dalle persone con le quali camminava”.
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21 Dicembre 2013, 09:44