Il giallo della Baronessa

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07 Febbraio 2010, 00:06

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Riaprire le indagini su un omicidio commesso quasi 450 anni fa, ricostruendo la scena del crimine, e attribuire il giusto peso a chi, oltre ai protagonisti certi della vicenda, potrebbe aver rivestito un ruolo fondamentale in quel delitto. Da questi presupposti nasce la volontà del sindaco di Carini, Gaetano La Fata, di riaccendere i riflettori su un assassinio che da oltre quattro secoli galleggia come sospeso tra storia, mistero e tradizione: quello di donna Laura Lanza, baronessa di Carini, e del suo amante Ludovico Vernagallo.

Era il 4 dicembre del 1563 quando il conte di Mussomeli, Cesare Lanza, decise di porre fine al rapporto clandestino che legava sua figlia Laura, sposa per costrizione paterna di Vincenzo La Grua-Talamanca barone di Carini, e il giovane cavaliere Ludovico Vernagallo, uccidendo a pugnalate i due amanti e lavando nel sangue l’onta che quel rapporto aveva determinato nel nome dei due casati.

Dal 22 al 25 marzo il castello, che nei secoli ha subito modifiche e restauri, e che oggi risulta totalmente privo dell’ala ovest che fu teatro di quel delitto, ospiterà dunque gli esperti dell’Icaa (International Crime Analysis Association) trasformandosi in un vero e proprio centro di investigazioni le cui attività potranno essere osservate anche dal pubblico. Del gruppo farà parte anche il criminologo Marco Strano, tra i massimi rappresentandi del mondo della psicologia investigativa e criminal profiling. “Nonostante siano trascorsi tanti secoli – dice il sindaco di Carini Gaetano La Fata – quella dell’assassinio della baronessa di Carini è una storia che appassiona e su cui le leggende si sono avvicendate nei secoli: autore e luoghi del delitto sono ancora avvolti nel mistero”.

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Sebbene non ci siano dubbi su chi materialmente commise l’omicidio, con l’autoaccusa firmata dallo stesso conte Cesare Lanza, gli esperti dovrebbero trovare oggi qualche elemento che possa confermare o smentire il ruolo, rimasto in ombra e dai contorni piuttosto sfumati, di altri due personaggi che probabilmente agirono al fianco dell’assassino: il marito tradito don Vincenzo La Grua, e il frate del convento vicino al castello, che fece da ignobile spia annunciando al conte Lanza la presenza del Vernagallo a Carini.

Certo, se da un lato è difficile trovare indizi che possano aiutare a scrivere la parola fine in questa insolita “verità processuale”; dall’altro porre fine al fascino di questa storia d’amore e morte è impossibile. A spiegare dunque le reali ragioni, stavolta reali, di una iniziativa simile è lo stesso sindaco La Fata: “Con questa indagine – conclude il primo cittadino – oltre che diffondere una storia che nulla ha da invidiare per intensità a Romeo e Giulietta. Potremo far conoscere il nostro territorio e promuovere la bellezza di uno dei castelli più belli della Sicilia”.

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07 Febbraio 2010, 00:06

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