Il giornalismo, gli scherzi, il fiuto| Chi era Francesco Foresta

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10 Gennaio 2020, 12:30

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Nel giorno in cui ricorre il quinto anniversario della morte del fondatore di LiveSicilia vi riproponiamo questo ritratto, pubblicato tempo fa sul mensile I Love Sicilia, anch’esso fondato da Francesco Foresta.

Il servizio di copertina era già impaginato. Nove pagine tutte da leggere, con foto spettacolari, sul golf in Sicilia. Restava solo da realizzare la copertina vera e propria e poi mandare in stampa il primo numero del “nuovo” I love Sicilia. Francesco, allora fresco quarantenne, si fermò un attimo. E la buttò lì, a modo suo: “Picciotti, ma vi rendete conto che abbiamo un magistrato importante che ha posato per noi col grembiule da cucina? La gente non capirà più niente quando lo vedrà. È questa la copertina”. Il magistrato era Ignazio De Francisci, allora pm ad Agrigento, che aveva accettato di cucinare per noi nella prima puntata della rubrica “A tavola con”. Francesco era Francesco Foresta, che sempre guidato dalla stessa voglia di stupire ha fondato questo mensile e lo ha diretto per 103 numeri. Fino all’ultimo, che fu oggetto di un’ultima riunione di redazione a casa sua, quando il male gli lasciava ormai gli ultimi giorni.

Da nove anni, seguendo la sua intuizione, I love Sicilia vi racconta le storie delle eccellenze dell’Isola, dei siciliani di successo, quelli che ce l’hanno fatta. Di quella Sicilia da amare che sui media non finiva quasi mai, e che Francesco capì che meritava di essere narrata. Ma c’è una storia che in questi anni non vi abbiamo mai raccontato. La sua. Che poi è la storia di questa società editoriale, senza dubbio una storia… da I love Sicilia. Il 10 gennaio scorso Francesco se n’è andato, a 49 anni. E per salutarlo ci va di raccontarvela questa storia. Senza i toni lugubri del necrologio, quelli che lui non avrebbe mai voluto sul suo giornale. E senza la retorica della celebrazione, rifuggendo la tentazione di cadere in quello che lui col suo lessico colorito avrebbe bollato come, e perdonateci la licenza, un “minatone”. No, Francesco Foresta ci piace raccontarvelo così com’era. Vulcanico, dissacrante, spassoso, come quelle pagine che da anni trovate all’inizio di questo giornale, l’Innanzitutto a cui lui tanto teneva. Vogliamo raccontarvelo con un sorriso Francesco, perché dopo le lacrime dell’addio, ci piace riacciuffare l’eco delle tante risate che hanno accompagnato l’avventura di questi anni. Risate di gioia, la cui eco è risuonata persino al suo funerale, per il quale ha voluto il vino e la musica di Frank Sinatra e Barry White. E il cui spirito di certo avete trovato in questi nove anni, sfogliando le pagine patinate del vostro mensile preferito. E non solo quello.

Non solo I love Sicilia. In questi nove anni, la creatività di Francesco ha partorito altre creature. Da S, l’altro mensile di punta della nostra casa editrice, fino a Livesicilia, il quotidiano on line che ha rivoluzionato le abitudini dei siciliani. “Si è infilato negli spazi lasciati liberi dagli altri”, ha sintetizzato, ricordandolo su Livesicilia, Riccardo Arena, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia. Sì, Francesco ha riempito gli spazi vuoti del mercato editoriale, sempre e comunque seguendo la bussola dell’amore per il giornalismo. E ha reso la Sicilia una terra più informata, e quindi più consapevole. E dunque più libera. Lo ha fatto riuscendo nella complicatissima arte di fare impresa in Sicilia, dove tutto costa il doppio della fatica. C’è riuscito, accanto al suo socio della prima ora Giuseppe Amato e alla sua squadra, che definiva a ogni occasione “il mio orgoglio”, marciando sempre a velocità supersonica. Come quando in una manciata di settimane nacque “S”. Era la fine del 2007, l’arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo aveva fatto scalpore. Francesco volle tentare l’azzardo di una copertina atipica per I love Sicilia, parlando di mafia su un mensile patinato. Fu un successo straordinario in edicola. Da qui l’idea di “S”, un mensile incentrato su quei temi. “La gente vuole leggere di queste cose, e i quotidiano non hanno abbastanza spazio”, ci spiegò. Un altro successo, una storia che continua da allora ed è arrivata al suo numero 77.

Intuizioni, come quella che fece nascere Livesicilia. Il giornale di domani oggi. Era il marzo del 2009, brindammo in redazione, tutti contenti per mille contatti. Diventarono presto 150mila. “Se è il futuro dell’informazione sarà soprattutto in rete, noi ci stiamo attrezzando”, disse nel videoeditoriale che battezzò il quotidiano. Vincendo per una volta la sua proverbiale ritrosia nell’apparire. Non gli piaceva, così come non gli andava a genio una certa mondanità. Andava in crisi al pensiero di una cena a cui non poteva non andare. E per trovare le sue foto di questi anni che vedete in queste pagine, c’è toccata una faticaccia. Francesco non lo trovavi mai. A lui piaceva lavorare. Indire riunioni che non finivano mai, leggere e scovare i fatti, le notizie, le tendenze che agli altri osservatori sfuggivano. E quando andava in vacanza, sapevi che dovevi aspettarti al suo ritorno un quadernone dei suoi, fitto di nuove idee da sviluppare scritte a penna in bella grafia.

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Idee che in questi anni avete sfogliato su questo mensile. Che è diventato grande, non solo ospitando in copertina personaggi di fama nazionale, da Fiorello al Commissario Montalbano-Luca Zingaretti, da Claudio Baglioni a Patrizio Bertelli. Ma anche con idee che hanno conquistato i siciliani, come quella della classifica dei 100 potenti, diventata un appuntamento fisso e attesissimo. E con le inchieste, declinate secondo la “leggerezza” del nostro mensile ma sorrette dalla professionalità delle firme, quella sull’Opus dei, sull’editoria, sul sesso in Sicilia, sul renzismo… Sempre con il gusto del calembour nel titolo, che nasceva in lunghe (e divertite) riunioni di redazione (il suo grido di battaglia sulle scale, “riunioone!” ancora riecheggia in via Pilo), facendo a gara a chi “sparava la minchiata più grossa”. Sempre guidati dalla voglia di stupire con un’idea. Come quella di trasformare la legalità in una festa, da cui nacque il Festival della Legalità a Villa Filippina, un pezzo di storia e di verde nel cuore di Palermo che Francesco volle riaprire alla città.

Scherzava su tutto, tutto dissacrava per il gusto di una battuta, senza mai prendersi sul serio. Ma prendendo sempre, terribilmente sul serio la grande passione della sua vita, seconda sola a quella per la sua Donata e il suo “Ciccio piccolo”: il giornalismo. Sempre alla ricerca di novità da offrire ai lettori. A partire dalle firme, cercando tra siciliani di scoglio e di mare aperto: Felice Cavallaro, Gaetano Savatteri, Daniele Billitteri, Davide Enia (a cui affidò una memorabile rubrica di cucina), Giuseppina Torregrossa, prima ancora dei suoi fortunati best seller. E tantissimi altri, che riusciva a coinvolgere e ad appassionare. Scovava un pezzullo su un blog, un ritaglio di giornale, conservava tutto e poi si presentava in redazione: “Pupetto (che tutti pupetti eravamo, ndr), questo scrive bene, cerchiamolo”.

Organizzava scherzi. Lo faceva in gioventù al Giornale di Sicilia, continuava a farlo qui, a ogni buona occasione. I ricordi sono troppi. Quando scrisse un pezzo delirante spedendolo a Roberto Puglisi spacciandosi per un collaboratore, per fargli venire i cinque minuti. Quando organizzò la finta cattura di Messina Denaro una sera che Roberto Benigno aveva fretta di tornare a casa per vedere Inter-Barcellona di Champions. Quando si spacciò per un noto imprenditore palermitano e chiamò un nostro venditore che aveva chiuso il suo primo contratto dicendogli che ci aveva ripensato e fingendosi pazzo. Una volta mi mandò anche un finto carabiniere a contestarmi un articolo, ma non ci cascai. Canzonava tromboni e rompiscatole, non rinunciava mai a quella posa da ragazzaccio dei tempi in cui faceva il portiere di calcio. E gli piaceva che il sapore di quell’allegria si gustasse sui suoi giornali. Nacque così il mitico (e spietato) “pizzino” di Livesicilia (ne abbiamo autocensurati a tonnellate), ma anche i tormentoni dell’agenda Dieguito, dedicata all’allora sindaco Cammarata. Che con simpatia ci rise su.

Risate, ma anche fatica. E anche querele. E minacce. “Sono cose che si possono anche mettere in conto”, disse al riguardo nello scorso giugno, ricevendo il premio Calabrò per Livesicilia, “un giornale che rispetta tutti ma non guarda in faccia nessuno”, lo definì in quella circostanza. Una delle rare volte che lo vedemmo in cravatta. “Il segreto è la squadra”, disse anche in quell’occasione, raccontando il suo percorso, il suo addio nel 2008 al “posto fisso” da vicecaporedattore in via Lincoln, il salto nel buio per inseguire il sogno di un nuovo gruppo editoriale in un panorama ingessato per decenni

È questa la storia che ci piaceva raccontarvi in questo numero. Una delle tante storie della Sicilia da amare che avete gustato su queste pagine in questi nove anni. La storia di un uomo che ha gabbato anche la morte, con un sorriso. Riuscendo a stupire sempre, fino alla fine. Come questo giornale vuole continuare a fare, senza dimenticare mai quella mattina di marzo e quel giudice in grembiule.

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10 Gennaio 2020, 12:30

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