29 Marzo 2016, 12:27
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PALERMO – “Un assassinio”, “la più grave colpa medica mai commessa al mondo”. E’ quanto scrive il giudice Claudia Rosini nelle motivazioni della sentenza che condanna medici e infermieri del reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo, dove il 7 dicembre 2011, Valeria Lembo, una donna di 33 anni, madre di una figlia di 7 mesi, fu trattata con una dose letale (dieci volte superiore alla prescrizione: 90 milligrammi invece di 9) del chemioterapico vinblastina utilizzato per curare il morbo di Hodgkin, un linfoma guaribile. Nel processo che portò il 14 febbraio scorso alla condanna dei cinque imputati, la famiglia Lembo è stata difesa dall’avvocato Marco Cammarata.
La paziente morì per avvelenamento 22 giorni dopo e non è escluso che potesse salvarsi: “Solo un ricambio completo del sangue, subito, avrebbe potuto – spiega il giudice – dare una speranza alla paziente. Invece, per ben cinque giorni quell’errore venne mascherato come una gastrite post chemio” e il medico specializzando Alberto Bongiovanni, che “scriveva sotto dettatura e non aveva idea di cosa fosse la vinblastina, cancellò lo zero in più” dalla cartella clinica, invece di ammettere l’errore e cercare una soluzione. Sulla situazione del reparto l’analisi del giudice è impietosa: l’oncologa Laura di Noto, condannata a 7 anni, è descritta come “una copiatrice di dati, scelta dal primario Sergio Palmeri (condannato a 4 anni e mezzo, ndr) perché sempre presente. Una dottoressa che aspettava indicazioni del sovradosaggio da un’infermiera”. Il primario, secondo il giudice, era circondato da “fidati vassalli” e l’organizzazione del reparto era “affidata al caso”. (ANSA)
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29 Marzo 2016, 12:27