21 Settembre 2009, 11:00
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Come disse Alberto Arbasino, pressapoco: c’è un momento in Italia in cui una brillante promessa diventa il solito stronzo. Noi, più modestamente, diciamo: è arrivato il momento – siamo cioè nell’atto transitivo della metamorfosi – in cui Walter Zenga, da simpatico che era, sta diventando il Grande Antipatico. E’ un cambiamento di ruolo visibile innanzitutto a livello somatico, in un volto segnato dalla mancanza di risultati. Il cipiglio si è rabbuiato. L’eloquio tracima sempre più nel meneghino-ostile. I rapporti con la stampa si stanno tendendo e presto potrebbero spezzarsi.
Quando parlò di scudetto con ardore e sprezzo del pericolo, Zenga centrò un punto demagogico a suo favore e il disprezzo ammantò coloro che gridarono all’esagerazione. Prevedemmo che una tale uscita spropositata (rileggere, please, un illuminante e criticatissimo pezzo di Accursio Sabella sul tema) si sarebbe rivolta contro l’autore della medesima. Così è. Gli strali lanciati ad una impossibile luna ricadono giù. Adesso, sotto i sorrisi di circostanza, tutti aspettano Coach Z. al varco, con la lupara sotto il mantello. Lo aspettiamo noi giornalisti per il piacere sadico di registrare una caduta che farebbe scruscio e ci spingerebbe a scrivere chilometri di artcolesse. Lo aspettano i tifosi rosanero che, per anticorpi anti-rossazzurri, presto cominceranno a parlare del suddetto come “chiddu ru Catania”. Mutevole è l’animo del tifoso a tutte le latitudini. Se non può magnificare i suoi idoli con l’incenso del risultato, si accontenta di distruggerli con ferocia gaudente, proporzionale alla delusione.
Come se ne esce? Vincendo uno a zero contro Roma e Lazio, giocando malissimo, ma con due autogol di gluteo. Sei punti e Walterone passerà alla terza fase arbasiniana. Sarà acclamato come un venerato maestro dagli stessi già pronti con i sassi in mano per lapidarlo. Da noi, i soliti stronzi.
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21 Settembre 2009, 11:00