07 Giugno 2016, 06:00
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PALERMO – Raccontano che ieri mattina Rosario Crocetta sfoderasse soddisfazione per i risultati di lista del “suo” Megafono a Giarre. Il governatore non ha commentato pubblicamente il voto. E a lungo silente è rimasto anche il principale partito dell’alleanza. Al netto di un paio di comunicati di giubilo per la vittoria a Terrasini, il Partito democratico siciliano ha atteso un bel po’ prima di commentare i risultati. Lo stesso silenzio che aveva regnato nella maggioranza di Palazzo dei Normanni prima del voto: non un vertice, non una riunione in vista delle elezioni. Il risultato è stato quello di una coalizione che si è presentata in ordine sparso. Ottenendo risultati non entusiasmanti.
“Noto, ahimè, che è mancato un impegno nella maggioranza a stare insieme e questo ci ha danneggiato. Ci sono le condizioni per rimediare al secondo turno. La segreteria del Pd immagino prenderà qualche iniziativa al riguardo”, commentava a caldo a Livesicilia Totò Cardinale, che con la sua Sicilia Futura s’è levato lo sfizio di finire davanti al Pd in più di un comune.
È tempo di chiarimenti dentro la maggioranza, reclama Cardinale. Ma al momento la confusione è tanta. Il segretario del Pd Fausto Raciti ha atteso le 18,20 per diramare una breve nota di commento sul voto. Dalla quale sembrava intravedersi il rammarico per il tempo perduto prima del voto e la volontà di ricucire con gli alleati: “Caltagirone, Canicattì, Favara, Porto Empedocle, Giarre, Noto sono le nostre priorità dei prossimi giorni – dice Raciti -: a queste sfide lavoreremo da subito per unificare il nostro campo. Vogliamo, con sforzo reciproco, dare una mano anche ai candidati che sono espressione delle forze che sostengono con noi il governo della Regione”. Sforzo reciproco: musica per le orecchie di Cardinale? Non proprio, perché in serata l’Ansa riporta un’altra dichiarazione di Raciti che bolla come “cronaca di paese” le parole di chi “perde tempo a rivendicare primati inesistenti”. Un riferimento fin troppo chiaro a Sicilia Futura.
Ma il Pd, malgrado sia al governo a Roma e Palermo, malgrado le passerelle dei “patti” e delle inaugurazioni fantasma, malgrado anni di occupazione del sottogoverno regionale, resta al palo. Nelle due più grandi città dove si votava a questa tornata, Vittoria e Alcamo, i democratici non arrivano neanche al ballottaggio. Due sconfitte che seguono all’ultima, scottante, a Gela, altra grande città persa dal Pd nell’ultimo biennio. Per Raciti il partito ha pagato “lo scotto di vicende passate”. La speranza è riposta nei ballottaggi. I democratici, come ha sottolineato lo stesso segretario, sono ancora in corsa in diversi centri di medie dimensioni. Bisognerà aspettare due settimane per tirare le somme definitive, insomma.
Prima di quella data la maggioranza forse cercherà di incollare i cocci. Ma non sarà facile. Basta leggere la nota del dem Giovanni Panepinto che ieri parlava del “fuoco amico” arrivato sul Pd dai “giardini d’Orleans” per avere l’idea dell’aria che tira dentro il Pd e la maggioranza.
Ma in questa tornata il “partito del flop” non è stato solo il Pd. In generale le forze del sistema su cui s’è retta la così detta Seconda repubblica hanno segnato il passo, a vantaggio dei movimenti antisistema. Tutto rende più fragile la maggioranza di governo. Udc e Ncd, sempre più evanescenti, qua e là sono tornati coi vecchi compagni di viaggio del centrodestra. La situazione dell’Udc, poi, è quanto mai complicata, col partito commissariato da Lorenzo Cesa, ormai allo scontro aperto con Gianpiero D’Alia. Quanto a Ncd, il bivio tra il ritorno al centrodestra e l’abbraccio con Renzi non potrà essere rimandato ancora a lungo dall’attendista Angelino Alfano, per il quale garantire un futuro alle abbondanti poltrone del suo partito sembra una missione impossibile.
Tra i reduci del sistema in crisi anche il vecchio centrodestra. Che in Sicilia ha sì dato qualche segnale di esistenza in vita, soprattutto nella Sicilia orientale, ma che appare ormai meno che l’ombra di ciò che era un tempo nell’Isola. Basti pensare alla desaparecion del simbolo di Forza Italia in questa tornata elettorale.
Sulle ammaccate forze politiche “tradizionali” incombe l’avanzata grillina. Se è clamoroso l’exploit di Alcamo, i 5 Stelle crescono anche altrove e sperano di fare il pieno ai ballottaggi. Il secondo turno, in questo contesto di stanchezza e disillusione dell’elettorato, sembra fatto su misura proprio per i pentastellati. E’ insomma fin troppo facile diagnosticare che lo stato di salute della maggioranza di Crocetta, già alquanto claudicante prima del voto, è ulteriormente peggiorato dopo queste amministrative.
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07 Giugno 2016, 06:00