25 Luglio 2015, 06:00
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Fedro narra la favoletta di una tal rana che si gonfiò a dismisura perché voleva diventare grossa e grassa come un bue. Non poteva saperlo: aveva tracciato ciò che sarebbe stata, molti anni dopo, la teoria del linguaggio di Rosario Crocetta. Una calzante metafora.
Gonfia ogni cosa, Saro, ma l’espediente a poco serve. Appresso il soffio della vanità, irrompe la magrezza dei contenuti, se non la nudità. Basta ripercorrere pensieri e parole del seguente (breve) catalogo per rendersene conto.
“Un combattente muore sulla barricate. Non si ritira!”. Frase storica, pronunciata al cospetto dell’inviato del ‘Corriere della Sera’, Felice Cavallaro, in una memorabile intervista. Nel video si annota il governatore col capello scarmigliato-risorgimentale, mentre crepita la fucileria del motto indimenticabile. Poi, dietro, il nudo, il nulla. Non c’è alcuna barricata, né alcuna bella morte da eroe di cui morire. Solo il quotidiano patimento di una terra sottoposta al governo di un presidente politicamente impresentabile.
La tecnica appare sperimentata e vale per il piatto forte del tempo, per l’intercettazione-madre-di-tutte-le-congiure, pubblicata da ‘L’Espresso’ che diverse Procure hanno smentito. Anche in questo caso si invera l’arte della bolla d’aria. Crocetta ha prima – e giustamente – ribadito che nessuno può subire una crocifissione sulla base di elementi tanto sfuggenti. Più in là, ha tentato – con un carpiato d’alta scuola – di arruolare la chiacchierata fantasma per la sua retorica. Ha denunciato un complotto interplanetario. Ha messo in mezzo ombre d’incerta risma, dossier e naturalmente la mafia. Ha cavalcato la circostanza per cavarne un’auto-certificazione di illibatezza. Sicché, il direttore de ‘L’Espresso’ andrebbe insignito, suo malgrado, della Gran Crocetta honoris causa.
Dopo il marasma iniziale, tutta questa storiaccia si sta trasformando in una santificazione onnicomprensiva del beato Saro martire e compagnia plaudente. E’ l’effetto speciale. La bolla. La rana che continua a gonfiarsi, nel brontolio degli stomaci affamati.
E ancora: “Avevo trovato su internet – dichiarazioni di Crocetta alla ‘Zanzara’ di Radio 24 – un modo veloce, sicuro, in modo che nessuno mi potesse salvare. Visto che non possiedo armi, mi sono chiesto: come mi ammazzo in modo che nessuno mi salvi? Pensavo alle tecniche che dovevo adottare per evitare l’arrivo di qualcuno, ho anche i militari sotto casa e un collaboratore vicino a me. Ma ho trovato un metodo facile, semplice. Lo avevo trovato ma non lo dico per paura delle emulazioni”.
Qui, dall’altra parte, sul lato opposto all’esibizione radiofonica, c’è una ferita che sanguina. Il suicidio è argomento troppo forte e delicato per danzare con tanta leggerezza. Ci sono lacrime disseminate ovunque. Molte famiglie siciliane hanno pianto i loro caduti, per povertà, disagio, disperazione. Si avverte, in fondo alla sala da ballo, un lamento sommesso, una richiesta di decenza e di rispetto, nel controcanto del gracidio.
“Continuo a essere casto, non faccio l’amore. E da quando sono presidente faccio una dieta rigorosa e sono dimagrito di quasi dieci chili. Un fidanzato? No, per carità io sono un uomo libero, unico fidanzamento è stare per i fatti miei. All’idea che mi devo trovare qualcuno nel mio stesso letto vado in crisi. Le coppie, poi, sono insopportabili. Parla uno e dice ‘noi’. Non riesco a vederle, preferisco uno per uno. Mi propongono la loro finta armonia, che ipocrisia. Sono favorevole al matrimonio gay ma non mi avrete mai. Non contate su di me. Appena entro a casa sono uno che lascia tutto in disordine, non voglio un rompipalle che mi dice di mettere in ordine”. Nell’occasione il cra cra risultò utile per buttarla sull’intimismo, sul dettaglio, sulla sbirciatina. Su quel po’ di privato disponibile per l’oblio del pubblico. Però, se qualcuno osa parlare dei gusti e dell’affettività di un uomo tanto discreto, scatta immediata l’accusa di omofobia e arretratezza.
Saro Crocetta, come fenomeno letterario: che altro aggiungere? Così verrà studiato dai posteri, nelle antologie di scuola, una volta archiviata la sua disgraziata parentesi di amministratore. E noi potremo dirci fieri di averlo compreso per primi, di avere capito che non era politica, perché era già surrealismo avanzato, dissimulazione di soffi che schermano il vuoto: frammenti contemporanei di nonsenso. Ammaliati da tanta letteratura, si godono lo spettacolo pidini consumatori di colla da poltrona, renziani costernati, destrorsi inciucisti, grillini da sbarco, al netto del coraggioso Fabrizio Ferrandelli che almeno ha salutato baraccone e burattini. Frammenti su frammenti, intanto, piovono.
Col più recente in catalogo gridiamo addirittura al capolavoro: “Qualcuno ha fatto un danno terribile a Lucia Borsellino e ai suoi familiari utilizzando non a caso questa falsa intercettazione dell’Espresso proprio alla vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio”. Chi ha danneggiato chi? Bum! E la rana scoppiò.
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25 Luglio 2015, 06:00