28 Aprile 2020, 13:10
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PALERMO – Uno si fa chiamare “Guizzo”, l’altro “Pietro”. Sono i due africani accusati di avere assassinato Maria Angela Corona. Ad assoldarli è stata la nipote della vittima, Maria Castronovo, che ha confessato il delitto al pubblico ministero Daniele Di Maggio della Procura di Termini Imerese (leggi: “Così ho ucciso mia zia”). Sono finiti tutti e tre in carcere. Le indagini dei carabinieri di Bagheria hanno raccolto i riscontri alla confessione.
I rapporti con la zia erano tesi da anni. Castronovo ha riferito di subire angherie, vessazioni e maltrattamenti (leggi: “Mi faceva mangiare scarafaggi”). Di recente la vittima aveva spruzzato dello sgrassatore sugli occhi di uno zio Castronovo, di cui lei era tutrice legale. Per un intreccio di parentele e seconde nozze l’uomo è anche fratellastro della vittima.
Di “Guizzo” Maria Castronovo conosceva il numero telefonico a memoria. E lo ha pure riconosciuto in fotografia. Si tratta dell’ivoriano Guy Morel Diehi, 23 anni. Lo ha incontrato un paio di mesi fa, davanti a una chiesa a Ballarò dove chiedeva l’elemosina. Il terzo arrestato è il maliano Toumani Soukouna, 28 anni. Entrambi hanno il permesso di soggiorno scaduto.
I militari della compagnia di Bagheria, guidati dal capitano Federico Lori, hanno messo sotto intercettazione i telefonini dei protagonisti. È stata registrata una conversazione fra Guy Morel Diehi e la madre: “… hanno trovato qualcosa nella mia mano… mi dicono che io sono stato complice di un omicidio che ha ucciso una donna”. L’ivoriano sminuiva il suo ruolo: “… stavamo andando a lavorare, lei mi ha chiamato dicendomi di venire ad aiutarla, non sapevo di che cosa si trattasse… non l’ho uccisa la donna… mi ha detto che se l’avessi aiutata mi avrebbe dato dei soldi siccome io avevo bisogno di soldi ho accettato ma non sapevo di che tipo di aiuto si trattasse… non sapevo ma c’era qualcuno dentro un sacchetto io non lo sapevo”.
Nel passaggio successivo della conversazione in francese tradotta dagli investigatori specificava: “… stavo passando e lei mi ha chiamato per aiutarla dicendomi di venire assieme a lei a casa sua per fare scendere qualcosa invece era una anziana donna che era dentro un sacchetto.. io ho portato dentro la sua macchina e mi ha chiesto se conoscevo un posto dove buttare io ho risposto che ero venuto solo per lavorare e non avevo idea”.
Nel dialogo infine si faceva riferimento a dei soldi – “centomila euro” – che i carabinieri non avevano trovato a casa dell’uomo durante la perquisizione.
Il 16 aprile, alle 23:51, mentre si trovava in caserma, Diehi ha chiamato Soukouna: “… attualmente sono qui e parlo con te in modo molto intelligente perché so che il mio telefono è attualmente intercettato. Per questo parlo in nouchi (un dialetto ivoriano)… devi andare subito a casa mia e fai un segno a mia sorella dicendole che vuoi entrare dentro casa”.
Parlava di “soldi ben nascosti dentro un sacco blu assieme a delle scarpe sono qui a Bagheria dentro alla caserma Bagheria”. I carabinieri hanno trovato e sequestrato 17 mila euro nella casa dove viveva nel rione Ballarò. Maria Castronovo in un primo momento aveva confessato di avere pagato i killer con 15.500 euro, poi davanti al gip di Termini Imerese ha parlato di cento mila euro. Che è la stessa cifra di cui discutevano madre e figlio nella conversazione intercettata. Non tutti i soldi, dunque, sono stati recuperati.
Non è l’unico tassello investigativo da mettere a posto. Castronovo, infatti, ha riferito che mentre i due strangolavano la zia all’interno della casa al civico 1 di via San Fratello a Bagheria, Diehi filmava la scena con il telefonino. Del cellulare, al momento non c’è traccia, e non è quello che è stato trovato e sequestrato all’ivoriano.
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28 Aprile 2020, 13:10