02 Settembre 2010, 08:14
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Le caramelle suo padre le lasciava sul cuscino. Erano dolci come una carezza. Come la promessa del ritorno a casa.
Fu un giorno di colori violenti il 29 giugno dell’ Ottantadue. Il verde, innanzitutto. Il verde smagliante della maglia del portiere. Si chiamava Ubaldo Matildo Fillol, siccome era matto portava il numero sette sulla schiena. Fillol difendeva la porta e l’onore dell’Argentina in campo contro l’Italia, Mundial di Spagna.
Il colore degli occhi di Maradona, seviziato a uomo da Gentile che avrebbe riservato identico trattamento a Zico, per feroce equanimità. La barba bionda di Tarantini, gli inutili capelli lunghi di Mario Kempes. E Tardelli fa l’uno a zero. Poi Bruno Conti entra in area. Fillol gli corre incontro, con tutto il suo magnifico verde. E si siede per una finta. Bruno danza, la passa indietro, nel vuoto. Non c’è nessuno. No, c’è Antonio Cabrini, il “Bellantonio”. Palla all’incrocio. Due a zero. La rete su punizione di Passarella fu un’inutile decorazione della sconfitta sudamericana.
Antonino Burrafato, sottufficiale del carcere di Termini Imerese morì proprio nella gioia dei tricolori che si alzavano, tra il perepepè dei caroselli strombazzanti per la vittoria azzurra. Era uscito di casa in tempo per essere crivellato di colpi, nel silenzio delle strade svuotate dalla partita. Aveva appena detto a suo figlio Salvatore: “Maradona ci seppellisce di gol”. Ucciso per uno “sgarbo” a Leoluca Bagarella, detenuto a Termini. Cioè, per avere preteso l’applicazione del regolamento da uomo sereno e perbene.
Quel figlio ha percorso la sua strada a schiena dritta, è diventato sindaco di Termini Imerese. Ieri gli hanno mandato una busta con un proiettile: “Farai la fine di tuo padre”. Salvatore Burrafato ha sempre raccontato la sua storia (è capitato con “S”) con pudore e decisione, rivendicando il coraggio di chi è rimasto nella terra del massacro familiare per costruire qualcosa. Abbiamo guardato negli occhi Salvatore Burrafato durante un’intervista. Così, ci permettiamo una previsione. La busta con la minaccia moltiplicherà le forze del sindaco di Termini, l’accenno mafioso a suo padre ne raddoppierà il coraggio. L’onesta, qui, non è solo un’apprezzabile scelta ideologica, è un fatto personale di passioni e sentimenti saldissimi. E’ l’ultimo legame di Salvatore con Antonino che lasciò – nell’ultimo pomeriggio dell’ultima estate – una manciata di caramelle sul cuscino del letto matrimoniale, prima di uscire per sempre, come un dono, come un ricordo.
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02 Settembre 2010, 08:14