Il Natale è a scuola tutti i giorni

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25 Dicembre 2009, 00:10

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Finalmente ho trovato una risposta all’immagine che mi perseguita da un po’: una lunga stella con la coda sovrasta, infatti, la scuola in cui entro ogni mattina. Accade quest’anno, tutti i giorni. Accadeva già alcuni anni fa quando facevo tirocinio in un’altra scuola della città. È accaduto sempre, ogni volta che ho messo piede in un istituto scolastico. I miei studenti direbbero: “proffy, ma cosa s’è fumato?”.
Eppure io non fumo e non inizio a bere mai prima dell’ora dell’aperitivo. E allora? E allora la risposta all’enigma me l’hanno fornita ancora una volta i miei alunni. Me l’hanno suggerita Cristiana, Giovanna, Giusi, Leonardo, Carla e poi i ragazzi della quinta.
Cristiana è svogliata e nello studio, nella lettura e comprensione di un testo, nella scrittura ha tante difficoltà. Le (cosiddette) interrogazioni andavano male. Dopo l’ultima delusione, e tre giorni in cui non mi ha rivolto la parola, mi ha commosso mostrandomi come alla fine gli sforzi e la voglia di non deludermi l’hanno spinta a raggiungere quegli obiettivi che c’eravamo posti.
Giovanna è in classe con Cristiana. È più preparata, ha basi più solide. È furba. Sa cosa mostrare ai docenti e cosa fare alle spalle. Mi ha sorpreso facendomi vedere come ci si può spendere per una compagna in difficoltà, prendendola per mano e conducendola passo dopo passo a sbrigare i compiti assegnati. Ancora più sorprendente è stato vedere l’affetto e la preoccupazione con cui i suoi occhi seguivano Cristiana mostrare all’insegnante il lavoro fatto.
Giusi ha solo sedici anni e non sopporta quel compagno che si crede più scaltro di tutti. Non sopporta sentire come prende in giro chiunque, dedicando però maggiore attenzione proprio ai ragazzini e alle ragazzine più deboli, a chi fa più fatica a stare in classe, a rispondere a tono, a tirare fuori le unghie. Non sopporta vederlo prendersi gioco delle regole che di comune accordo la classe si è data. Ci pensa lei a rispondere per le rime. E a lei è difficile tener testa.
Leonardo da bambino ha avuto seri problemi di salute che ancora gli provocano ritardi e disagi nell’apprendimento e nelle relazioni con gli altri ragazzi. É sereno, sa di avere bisogno di più tempo per fare le stesse cose dei compagni, ma si è rimboccato le maniche. Quando tocca a lui la classe fa silenzio, sembra partecipare al suo travaglio e aspetta: Leonardo spesso si ferma, a lungo, a lungo, a lungo, a riordinare i pensieri, a cercare una risposta. Che alla fine sa trovare. Lasciando tutti a bocca aperta.
Poi c’è Carla, che quest’anno ha smesso di fare la bambina, ha finito di giocare durante la lezione, di infischiarsene dello studio. Ha deliberato che è arrivato il momento di impegnarsi, di mettersi alla prova accettando le nuove sfide che il prof le propone. Ha deciso di sfruttare l’occasione che i genitori le stanno dando, che è arrivato il momento di prepararsi per mostrare, con gran dignità, di che pasta è fatta, per non farsi fregare da nessuno. Lei che è già caratterialmente ben propensa a chieder conto di ogni discorso che non le torna e a saltare alla gola di chicchessia. Spirito pugnace.
Infine la quinta, che porterò agli esami. Tanti ragazzi già bocciati, già respinti, che però stanno iniziando ad appassionarsi alla storia dei nostri giorni, alla politica, al diritto, all’arte, alla filosofia. Si guardano attorno, misurano, valutano, cominciano a indignarsi. E seppure non supereranno proprio tutte le loro debolezze, supereranno di certo gli esami di stato. Si sono trovati in aula insieme l’anno scorso, quando erano ancora solo tanti individui o a malapena formavano qualche coppia affiatata. Quest’anno sono già diventati una classe e li ho visti raccogliersi attorno e festeggiare il compleanno di uno di loro, in un momento di grande scoramento per lui, sebbene questo compagno non sia mai stato molto partecipe delle loro vicende e non possa avere la loro fortunata esuberanza.
Se tutti questi nomi sono di fantasia, vere sono le storie che regalano e che spiegano il senso di quella lunga stella con la coda che mi ostino a vedere sopra la scuola tutte le mattine. Non c’è sapienza e tecnologia che bastino a quegli uomini che decidano di vivere insieme, senza possedere allo stesso tempo anche rispetto e giustizia: sarebbero destinati al disordine, alla violenza, alla lotta perpetua fra loro, raccontava Platone. La solidarietà, il rispetto (per sé e per gli altri) e il senso di giustizia che scopro crescere nei miei alunni giorno dopo giorno fanno quotidianamente rinascere la speranza che una città, un paese migliori siano possibili. Il mondo cristiano festeggia il Natale una volta l’anno, una volta l’anno celebra la speranza di salvezza, di liberazione, di rigenerazione, rappresentata da Gesù in fasce. Una volta l’anno ricorda di fare buoni propositi. Ma a scuola è Natale tutti i giorni di un lungo anno scolastico. È a scuola che si coltiva la speranza. È qui che rinasce in ognuno dei ragazzi che la frequenta. È qui che se ne possono vedere i germogli, rumorosi o assonnati, con la testa arruffata, magari. È qui che i Re Magi dei nostri tempi dovrebbero portare i loro doni, le loro attenzioni, piuttosto che in presepi di cartapesta imbiancati.

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25 Dicembre 2009, 00:10

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