Il “no” di Comune e Regione al lido | “Bisognava dare la concessione”

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02 Luglio 2019, 05:54

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PALERMO – Lo stabilimento balneare poteva essere autorizzato ma non è stato mai realizzato a causa un provvedimento illegittimo che il Tar di Palermo, ora, ha annullato. Sono passati sei anni da quando la società Plait mare ha presentato all’assessorato regionale al Territorio la richiesta per la realizzazione di una struttura ricettiva di poco più di tremila metri quadrati all’Addaura, nel capoluogo. Il progetto prevedeva il recupero di edifici di proprietà pubblica realizzati legalmente e la costruzione di una struttura precaria in legno di circa 120 metri quadrati per la collocazione degli spogliatoi, dell’infermeria e del bar.

L’anno scorso dopo cinque anni è arrivato il no dell’assessorato dopo un parere negativo del Comune di Palermo. La società palermitana ha così dovuto ricorrere alle carte bollate e qualche giorno fa il giudice ha dato torno agli uffici pubblici. “L’amministrazione regionale doveva rilasciare la concessione” demaniale mentre il Comune di Palermo avrebbe dovuto rilasciare le autorizzazioni di sua competenza in un procedimento separato.

Le ragioni che avrebbero portato i dipendenti dell’assessorato a non accogliere l’istanza, infatti, sono di due tipi. Da una parte nei procedimenti si sarebbe fatta una confusione fra l’iter della concessione demaniale e il procedimento per realizzare delle opere, poi l’assessorato avrebbe applicato una regola sbagliata per quanto riguarda il Pudm, piano dell’utilizzo del mare. Proprio questo con questo piano, l’amministrazione comunale sottopone all’approvazione alla Regione il progetto di organizzazione della costa di propria competenza individuando le aree da lasciare pubbliche e quelle da affidare ai privati.

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I giudici amministrativi anzitutto hanno criticato il fatto che l’assessorato per la sua decisione abbia preso in considerazione il parere del Comune su aspetti urbanistici, un parere che nulla aveva a che fare con il rilascio della concessione. Inoltre i magistrati affermano che la legge non è stata rispettata. Dopo numerose riforme infatti la normativa prescrive all’assessorato, fin quando non sarà approvato il Pudm, di concedere il demanio marittimo a patto che poi i concessionari si adeguino alla previsioni contenute nei piani successivamente approvati.

Ma c’è di più. Se la concessione fosse stata esaminata prima delle riforme la Regione avrebbe dovuto rilasciare la concessione sulla base della legge del 2005, una norma di maggiore favore per le imprese, una norma cioè che dava maggiore libertà ai concessionari fino all’approvazione dei piani di utilizzo del mare. Insomma, qualsiasi fosse stata la legge lo stabilimento balneare poteva essere autorizzato e anche le opere che a cui Comune era contrario per il giudice “in astratto” si possono fare. Ma anche per andare al mare la burocrazia è importante e in questo caso ha detto “no”.

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02 Luglio 2019, 05:54

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