Lavoro, un flop tira l’altro | Il Palazzo nemico dei giovani

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08 Gennaio 2015, 13:45

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PALERMO – Quando il bando per 267 posti di operatore tecnico ai Beni culturali fu pubblicato, le Torri gemelle svettavano ancora nello skyline di New York, Vladimir Putin era stato eletto presidente della Russia da meno di un mese, Matteo Renzi aveva 24 anni e faceva il segretario provinciale del Ppi a Firenze. Ben 140 mila aspiranti presentarono domanda, inseguendo il mito del posto fisso e per di più pubblico, che allora era un po’ meno sbiadito di oggi. Ora, quasi 15 anni dopo quell’aprile 2000, quel concorso, dopo varie e sofferte vicissitudini, viene definitivamente ritirato. Chissà cosa ne è stato di quei 140 mila aspiranti, per lo più giovani. Solo una cosa è certa: quasi tutti giovani non lo sono più.

La storia emblematica incarna tristemente l’immagine di un Palazzo nemico dei giovani. In Sicilia più che altrove. In quel 2000 la Regione avviò altre diciotto selezioni, oltre a questa, e quasi tutte finirono impantanate. Come quella degli antropologi, ritirato in autotutela dopo 14 anni, di cui Livesicilia diede notizia quattro mesi fa. Come accadde peraltro, riportava oggi un quotidiano regionale, al concorso del ’99 per 300 posti di guardia forestale, 400 mila domande per 300 posti: non se ne fece nulla e il concorso fu ritirato nel 2006. Troppe domande, figlie della disperazione di generazioni di futuri disoccupati di lungo corso, hanno mandato in tilt la Regione. Una musica che in fondo si è sentita suonare fino all’altroieri, con il flop del click day del Piano giovani. Anche lì, troppe domande hanno mandato in crash il sistema, stavolta informatico, e infranto o per lo meno messo in freezer le speranze di qualche migliaio di giovani che speravano nemmeno nel fantomatico posto fisso ma in uno straccio di tirocinio.

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L’overbooking da fame di lavoro è una costante, insomma. Sulla quale va a sbattere non solo la speranza di un impiego, ma anche quella di vivere in un luogo normale. O per lo meno vagamente somigliante a quello disegnato dai costituenti, che nell’articolo 97 della Carta scrissero che “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Non potevano immaginare, forse, i padri che quel “salvo i casi” sarebbe diventata la regola nella Sicilia dei posti pubblici per chiamata diretta, del precariato e della clientela. E che i concorsi sarebbero diventati pian piano impolverati reperti archeologici, curiosi retaggi di ere perdute. I padri costituenti forse non lo immaginavano, i giovani del 2000 lo hanno imparato a loro spese. Mentre le loro istanze ammuffivano, i precari entravano per altre vie nella macchina regionale. Per restarci. Tirandosi fuori da quel quasi 60 per cento di disoccupazione giovanile che risucchia in Sicilia i giovani di oggi. E dalla quale gli aspiranti operatori tecnici del 2000 sono usciti per raggiunti limiti d’età.

 

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08 Gennaio 2015, 13:45

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