11 Maggio 2015, 08:30
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PALERMO – Mezz’ora sotto effetto di soporifera anestesia, prima di rianimarsi e gettare alle ortiche un numero esagerato di occasioni per centrare almeno un pari. Un Palermo dai due volti quello che ha ceduto l’intera posta all’Atalanta di Edy Reja, al di là dei ragionamenti sul mancato o sul tardivo impiego di titolari o aspiranti tali, Dybala e Quaison su tutti. A dispetto dell’ininfluenza ai fini di una salvezza già raggiunta da un paio di settimane, il risultato maturato nel penultimo appuntamento casalingo ha lasciato l’amaro in bocca nel clan rosanero, specie per le circostanze sfavorevoli che ne hanno definito i contorni nel corso dell’incontro, a cominciare dall’autorete di Andelkovic per finire con il rigore sprecato da un Belotti che adesso vive la difficile situazione di dover dimostrare a tutti i costi di meritare una chance da titolare nell’attacco rosanero della prossima stagione.
La nota lieta, in una domenica in cui le spiagge del litorale palermitano erano decisamente più affollate di un “Barbera” i cui spalti non sono risultati certo scevri da macchie verde seggiolino, porta il nome e il cognome di Robin Quaison. Entrato immediatamente in partita e capace di tramutarsi nel giro di pochi frangenti in vera e propria spina nel fianco della difesa orobica sino al triplice fischio finale. Un segnale incoraggiante per chi guarda già al campionato venturo, con i rosa intenzionati a riconfermare quanto di buono fatto vedere nel torneo di ritorno tra le grandi. Bene anche Rigoni, che continua a macinare chilometri e a scalare posizioni nella classifica marcatori: per lui una rete e una doppietta mancata per la decisione dell’arbitro Calvarese di non concedere il vantaggio al Palermo nell’occasione che ha portato i padroni di casa sul dischetto, con la conseguente espulsione di Avramov.
Chi, invece, non riesce a convincere la platea palermitana è Samir Ujkani, anche per demerito di un’antipatica alternanza tra interventi di qualità e passaggi a vuoto che preoccupano il cuore del tifo a tinte rosanero. Sarà il tempo a decretare se il ruolo da titolare potrà essere suo, a discapito di un Sorrentino costretto a dare forfait contro la Dea, complice l’incidente rimediato la scorsa settimana nei pressi del centro commerciale “Conca d’Oro”. Più in generale, ci pensano i numeri a muovere delle critiche al reparto difensivo rosa: escludendo le due retrocesse Parma e Cesena e la papabile terza Cagliari, solo Verona e Sassuolo hanno fatto peggio in termini di reti incassate. Sin qui sono 51 le circostanze in cui uno dei portieri a disposizione di Iachini si è trovato costretto a raccogliere il pallone in fondo al sacco. Un dato statistico che potrebbe rappresentare anche un elemento di valutazione in vista del mercato estivo oramai alle porte.
Quella vinta al “Barbera” è stata, per forza di cose, una gara dal sapore particolare per Giulio Migliaccio e Beppe Biava. Il centrocampista ha disputato un match ordinato, facendo valere quel carisma che gli è valso la fascia da capitano nerazzurro. Il difensore, invece, ha sfoderato una prova difensivamente al limite dell’ineccepibile, a cui ha reso merito lo sportivo pubblico di casa, con due salvataggi sulla linea di porta che hanno evitato altrettante reti praticamente solo da annotare sul taccuino del direttore di gara. A dimostrazione che i 38 anni festeggiati lo scorso venerdì non rappresentano affatto un elemento invalidante per un calciatore che la maglia rosanero se l’era cucita addosso, ma che nell’estate del 2007 venne fatto partire, probabilmente, senza tenere conto della sua volontà di continuare la luna di miele con la città, oltre a una valutazione errata sulle sue potenzialità di rendimento, come poi dimostrato con la maglia della Lazio prima e nel locale orticello bergamasco successivamente. Una favola senza lieto fine, forse anche per questo ancora più romantica.
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11 Maggio 2015, 08:30